Dopo aver avviato il dialogo con la Commissione europea per evitare che venga aperta una procedura d’infrazione o che comunque non faccia troppi danni, il premier Giuseppe Conte fa partire il confronto anche con i maggiori partner europei. E trova quantomeno disponibilità all’ascolto sia della cancelliera tedesca Merkel che del presidente francese Macron. Nessuno si sbilancia né a favore né contro il percorso economico avviato dal Governo italiano. E non è necessariamente un buon segno: da settimane i Paesi dell’Eurozona si nascondono dietro la Commissione e la mandano avanti nelle sue decisioni inedite sui conti pubblici italiani, come quella di avviare il percorso formale per l’apertura della procedura per debito eccessivo, mai scattata finora per nessuno. Il rischio che il suo cammino vada avanti è quindi sempre attuale, soprattutto finché il Governo non aprirà alle modifiche dei saldi di bilancio che finora non ha voluto toccare, per abbassare il deficit e il debito come chiede l’Europa. Ancora questa mattina il premier sembrava irremovibile sull'intangibilità del 2,4%. «Noi ragioniamo sempre sulle riforme e su quello che occorre per realizzare le promesse che abbiamo fatto», risponde a chi gli chiede se al vertice di Palazzo Chigi sulla manovra, con i vicepremier e il ministro Tria (previsto per la sera e poi rinviato a domani), si ritoccherà anche il controverso numero del deficit che ha aperto il conflitto con l’Europa. «In cinque mesi stiamo rivoluzionando il Paese e continueremo a farlo», assicura Conte prima di entrare al summit sulla Brexit. Ma con il passare delle ore, quel 2,4% non sembra più un numero scolpito nella pietra e sempre più forte si fa la sensazione che il vertice di domani possa in qualche modo dare un segnale di buona volontà (portandolo almeno al 2,2%) che Juncker attende impazientemente da settimane. Sul tavolo della trattativa, al momento, ci sono però solo quelle 40 pagine consegnate ieri al presidente della Commissione ed esibite oggi alla stampa. Una ricognizione delle riforme fatte, di quelle in via di approvazione e di quelle che saranno presentate nelle prossime settimane, con particolare riguardo al piano degli investimenti, precisano da Palazzo Chigi. Un testo che però non è bastato a convincere gli europei con i «rigoristi» ben determinati a non fare sconti all’Italia. «Ho messo in chiaro ieri sera che non siamo in guerra con l’Italia», al contrario, «ti amo Italia», ha detto il presidente della Commissione Ue. Juncker ha spiegato che «abbiamo concordato di restare in contatto permanente per diminuire le divergenze di vedute». Ma il messaggio che lui e i suoi responsabili economici hanno consegnato al premier è stato soltanto uno: finché i numeri restano quelli, Bruxelles non può ignorare che violano le regole e quindi andrà avanti con l’iter della procedura. A margine del summit sulla Brexit Conte cerca di capire l'aria che tira tra i partner europei. «C'è stato modo di scambiare opinioni con Merkel, Macron e altri, il clima si conferma buono, c'è fiducia reciproca». Ma il punto di ricaduta di un simile percorso, per ora, resta ignoto: «Vedremo, lo scopriremo...», spiega il premier. Merkel e Macron non gli danno appigli, ma lo ascoltano. Anzi, la cancelliera gli fa domande. «Ho parlato molto brevemente con il premier Conte e gli ho chiesto di aggiornarmi sull'incontro di ieri» ha raccontato Merkel, dicendosi «lieta» che ci sia un dialogo nel contesto del processo guidato dalla Commissione. «Ovviamente spero in un buon esito dei negoziati», ha aggiunto. Macron resta sul vago: «Con Conte ho avuto una buona discussione e proseguiremo il lavoro insieme, questo è quello che mi aspetto dall’Italia e che l'Italia si aspetta dalla Francia».