Manovra, su pensioni e reddito di cittadinanza è stallo. Scontro sull'ecotassa tra Lega e M5s
Di nuovo alta tensione tra Matteo Salvini e Luigi di Maio. Senza un nuovo passo indietro su pensioni e reddito trovare ancora cinque miliardi di euro, tanti ne servono per evitare la procedura d’infrazione dell’Ue, appare impresa difficile. Cartina tornasole del confronto aspro fra i due alleati di governo è anche la riedizione dello scontro sulla ecotassa sulle auto: la Lega non ne vuole sapere ed è pronta a cancellarla con un emendamento, sacrificando se necessario anche gli incentivi 'green' in favore dei veicoli meno inquinanti promossi dai 5S. Che però insistono e confidano in rimodulazioni dei bonus, magari più soft. Per uscire dallo stallo ecco allora che arriva un ennesimo vertice, che viene convocato per domenica sera a Palazzo Chigi: al tavolo siederanno il premier Giuseppe Conte, i due vicepremier, il ministro del Tesoro Giovanni Tria, il ministro per il Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro e i sottosegretari che in Parlamento seguono la manovra. Nella stessa giornata atteso a Roma anche Beppe Grillo, che potrebbe fare il punto con i suoi. Ufficialmente comunque si negano le distanze e si spiega che come sempre la chiave per risolvere i conflitti nel governo sarà la «mediazione» ma intanto le posizioni alla fine della giornata restano cristallizzate. «La Lega - dice il sottosegretario allo Sviluppo economico ed esponente cinquestelle Davide Crippa - deve fare pace con se stessa». E così la legge di bilancio continua a essere ostaggio degli scontri e delle trattative fuori che da giorni si susseguono fuori dalle Aule parlamentari: mancano 16 giorni all’esercizio provvisorio e l’esame in commissione a Palazzo Madama non è ancora iniziato. Sarà lampo e con molta probabilità finirà con un maxiemendamento del governo in zona cesarini tra martedì e mercoledì. Ma proprio l’esercizio provvisorio, che nei fatti porta a congelare le spese e che in genere viene guardato con timore e sospetto, sarebbe stato uno scenario che Salvini, si racconta in ambienti della maggioranza, non avrebbe esitato ad utilizzare come minaccia nei confronti dell’alleato in queste ultime ore. Il leader della Lega non ne vuole sapere - racconta chi gli ha parlato - di ulteriori concessioni e limature a quota 100. Rispetto alle stime iniziali, è il ragionamento, si contano due miliardi di risparmi nel 2019 e tanto deve bastare. Soprattutto, il vicepremier leghista non è disposto a caricarsi un peso superiore a quello dell’alleato per fra quadrare i conti con l’Europa. Il dialogo continua, fa sapere Bruxelles, ma i tecnici che sono a lavoro faticano a trovare gli spazi per mettere in campo misure sufficienti a garantire i desiderata europei. La revisione del deficit nominale al 2,04 non basta, anche perché non incide a sufficienza su quello strutturale. E allora il governo italiano è chiamato a un ulteriore sforzo, anche per evitare di ripetere errori del passato: c'è stata un’epoca in cui Roma ha svalutato «7 volte la lira», ammonisce Mario Draghi, facendo toccare al contempo all’inflazione un picco «del 223%». Ma se Salvini non ne vuol sapere di fare ulteriori 'concessioni' anche Luigi Di Maio non vede margini per rivedere al ribasso il reddito di cittadinanza. Tra l’altro, si evidenzia in ambienti cinquestelle, da sempre è la riforma della Legge Fornero a essere sotto i riflettori della commissione europea convinta che la messa in discussione del sistema previdenziale rappresenti une elemento di debolezza per il futuro del Paese. «Io il contratto l’ho firmato con Salvini e nel contratto c'è il reddito di cittadinanza», replica a inizio giornata riferendosi ai dubbi espressi dal sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Ufficialmente Salvini lo rassicura: «Quello che c'è nel contratto io lo rispetto». Parlarsi e trovare un’intesa però è tutt'altra cosa.