Matteo Salvini vola in Emilia a consegnare alla Guardia di Finanza un edificio confiscato ai clan e dal centro civico di Sorbolo, nella pianura tra Parma e Reggio Emilia, fa una promessa ambiziosa, parlando di lotta contro la criminalità organizzata a istituzioni e scolaresche: «Siamo più forti noi. Possono tener duro ancora qualche mese o qualche anno, ma mafia, camorra e 'ndrangheta saranno cancellate dalla faccia di questo splendido paese, ce la metteremo tutta». Nei giorni frenetici di trattative sulla manovra, il ministro dell’Interno non è voluto mancare a un appuntamento che gli consente di «onorare il grande lavoro di squadra» e di dire che «lo Stato è forte» contro i mafiosi. Soprattutto quando, come a Sorbolo, per i criminali «lo smacco è doppio, perché al posto di un delinquente arriva un tutore dell’ordine e della sicurezza. E' il massimo della soddisfazione». L’unico modo di aggredire le mafie, insiste, «è farlo nel portafogli, nel conto in banca. La lotta si fa sequestrando anche le mutande a questi disgraziati». Giacca della Polizia di Stato, Salvini indossa i panni del responsabile del Viminale e non risponde alle domande sulla politica locale o sulle prossime regionali in Emilia-Romagna. Riserva solo una battuta, stuzzicato sul punto, alle critiche del sindaco di Parma e leader di Italia in Comune Federico Pizzarotti, che nei giorni scorsi aveva accusato la Lega di bloccare i soldi dei Comuni: «Permettetemi di sorridere sulle parole di Pizzarotti: cambiare spesso idea è segno di intelligenza, ma cambiare troppo spesso idea è simbolo di confusione». Poi si concentra sul contenuto del decreto Sicurezza, sull'impegno per aumentare gli organici delle forze dell’ordine e sul lavoro «sovrumano e eroico» dell’agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, potendo contare solo su un’ottantina di persone. «Nel decreto raddoppiamo il loro personale, con quattro sedi distaccate, più soldi e poteri: perché un conto è fare i complimenti, ma la politica non può limitarsi a quello» per ottenere risultati come quello di Sorbolo. Dove nel 2015 fu un intero quartiere a finire sequestrato nell’ambito dell’inchiesta Aemilia, che stroncò un’opera di lottizzazione edilizia dove si intrecciavano i soldi del clan Grande Aracri di Cutro e gli interessi della 'ndrangheta imprenditrice emiliana. Come a Brescello, a pochi chilometri di distanza, il primo comune emiliano sciolto per infiltrazioni, nel 2016, e rimasto commissariato fino a giugno: «Mi auguro il meglio possibile per i cittadini di Brescello e mi impegno ad andarci, per trovare i cittadini che non hanno colpe per errori eventuali o concreti commessi dagli amministratori», promette, aggiungendo il «rispetto per le scelte che l’autorità giudiziaria e quella di pubblica sicurezza hanno fatto, se la decisione è stata questa non è stata casuale».