Da un accertamento «sembra che mia madre non abbia più diritto all'alloggio» popolare in cui abita, ma lei «ha adito le vie legali perché ritiene di averne diritto». Era stata la stessa vicepresidente M5S del Senato, Paola Taverna, il 9 ottobre scorso, a commentare così in un video su Facebook le polemiche nate sulla casa popolare che la madre abitava nella Capitale.
Oggi è stato un giudice - Roberta Nardone, della sesta sezione del tribunale civile di Roma - a certificarlo con una sentenza: la signora Graziella Bartolucci, madre 80enne della senatrice, non ha diritto ad abitare quella casa Ater del quartiere Alessandrino-Quarticciolo di Roma, e dovrà riconsegnarla. E le opposizioni dal Pd a Fdi vanno all'attacco chiedendo alla sindaca Virginia Raggi di procedere con celerità allo sgombero.
La vicenda di quella casa, fin dall'inizio, è diventata un 'caso politico'. Il procedimento di decadenza dall'assegnazione dell'alloggio partì a fine 2014, dopo accertamenti condotti dall'Ater di Roma. Emerse che la signora Bartolucci non aveva più diritto ad abitare quella casa perché i beni del suo nucleo familiare superavano i limiti previsti per l'assegnazione degli alloggi popolari. Da quel momento sono passati più di 4 anni, tra deduzioni, controdeduzioni e carteggi vari.
L'incertezza immediata su cosa potesse accadere - visto che era stato proposto ricorso al tribunale civile - è stata dissipata oggi, con il dispositivo di una sentenza della quale si attendono le motivazioni, ma che già scrive una parola tombale: nessun diritto ad abitare quella casa (e adesso spetta ad Ater e Comune intervenire), con condanna anche a pagare le spese di lite. Ieri, l'udienza di precisazione delle conclusioni prima della decisione.
La difesa ha tentato un'ultima carta, chiedendo la revoca dell'ordinanza di sfratto in quanto «risulta pacifico oltre che provato documentalmente che la signora Taverna a far data dal matrimonio (1998) non risiedeva più con la madre nell'immobile di cui è causa e non faceva più parte, di fatto, del nucleo familiare della medesima». Questo emerge dal verbale di udienza; in una frase, si è tentata nuovamente la strada del nucleo familiare e dei requisiti per ottenere una casa popolare. Poi, la camera di consiglio e la decisione di oggi.
«Bastava il buonsenso, e non il Tribunale, per sapere che si trattava di una occupazione abusiva. E dire che si definivano il partito degli onesti, ora sono quelli dei privilegi difesi in ogni modo», il commento della senatrice Pd Teresa Bellanova. «Chi la fa l'aspetti, proprio i grillini sempre così solerti a sbandierare il vessillo della trasparenza stavolta pagano dazio e vengono beccati in castagna. Adesso che tutto è chiaro, ovvero che non ci sono i presupposti per abitare in quell'alloggio popolare, attendiamo che la sindaca Raggi proceda allo sgombero della casa occupata abusivamente», quello del capogruppo Fdi in Campidoglio, Andrea De Priamo.
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