No al processo di Matteo Salvini sulla vicenda Diciotti. Il Movimento 5 Stelle emette on-line il suo responso. Non senza travaglio: il voto sull'immunità al vicepremier leghista spacca gli alleati.
La piattaforma Rousseau, che in genere consegna risultati plebiscitari, questa volta vede i 52.417 votanti schierarsi per il 59,05% a favore del no al processo, il 40,95% per il sì. "Far votare i cittadini è parte del dna M5s, sono orgoglioso", rivendica Luigi Di Maio. Ma chi voleva vedere Salvini a processo lo fa proprio in nome di un dna che vedeva il M5s contro ogni tipo di immunità.
Il D-Day del voto degli iscritti al M5S sul caso Diciotti è il giorno dello snodo cruciale del governo giallo-verde. Sulla piattaforma Rousseau, di fatto, i militanti del Movimento in dieci ore e trenta sono chiamati a votare non solo sull'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro Salvini ma sulla stessa opportunità dell'alleanza tra M5S e Lega.
La tensione, nel Movimento, è altissima anche perché in serata, un'assemblea congiunta potrebbe certificare il dissenso nei confronti del capo politico Luigi Di Maio. Mentre la Lega, al di là delle rassicurazioni di Salvini sulla tenuta del governo, aumenta il suo pressing. Quello del M5S è "un voto anche sull'operato dei loro al governo", sentenzia il sottosegretario Giancarlo Giorgetti.
Ma le sue parole, più o meno apertamente, sono condivise anche dalla gran parte dei Cinque Stelle. Non a caso Di Maio, dopo aver visitato con il premier Giuseppe Conte gli stabilimenti Leonardo a Pomigliano D'Arco, salta l'appuntamento alla Federico II di Napoli e rientra in anticipo a Roma.
Al capo politico, in mattinata, arriva la "piena fiducia" di Beppe Grillo ma la giornata, per il M5S, non inizia benissimo visto che il via libera alla consultazione online - con il quesito lievemente cambiato con l'aggiunta di un inciso sul fatto che l'azione di Salvini fosse, o meno, a tutela dell'interesse dello Stato - è segnato dal crashdown della piattaforma. L'inizio delle votazioni slitta così dalle 10 alle 11 e il termine viene prorogato dalle 20 alle 21:30 per "l'alta affluenza".
E la base, in parte, si ribella contro i rallentamenti di Rousseau, "coadiuvata" anche dalla fronda di dissidenti. "Da marzo Rousseau ha ottenuto circa un milione di euro dai parlamentari per implementare il sistema. Dovrebbe funzionare come un orologio svizzero", sottolinea Elena Fattori attaccando la "trasparenza" dell'associazione presieduta da Davide Casaleggio: "Dei miei versamenti non ho ricevuto neanche una ricevuta".
Di Maio e Salvini, il primo in Campania e il secondo il Sardegna, cercano di spargere tranquillità. "Sono sereno, ho fatto il mio dovere", spiega il leader leghista mentre il suo omologo e alleato assicura: "Sul governo si va avanti. Intendo portare avanti il mio impegno".
Ma Di Maio assicura, allo stesso tempo, che "sosterrà il risultato della votazione online". E il risultato, fino a sera inoltrata, è aperto anche perché c'è chi, tra i parlamentari e i militanti, resta convinto che votare contro l'autorizzazione tradirebbe l'identita' pentastellata.
"Questo è un voto sul governo, sulla nostra linea, sia nell'esecutivo sia sul caso Diciotti", avverte un parlamentare M5S. A increspare le acque, nel pomeriggio, indiscrezioni di stampa diffondono un commento, molto critico, del premier Conte, sulla scelta di affidare il voto sul caso Diciotti a Rousseau. Ragionamenti prontamente e seccamente smentiti da Palazzo Chigi.
"Conte non intende influenzare né il voto degli iscritti né le scelte autonome dei senatori", chiamati domani in Giunta per le immunità a votare, riferisce la presidenza del Consiglio. La giornata è elettrica.
Al Senato l'opposizione insorge per l'ennesimo stop ai lavori in commissione sul decretone imputando i rinvii alla volontà di attendere il voto su Rousseau. Mentre Giorgetti da un lato rassicura sulla tenuta del governo ma dall'altro non esclude l'ombra della manovra correttiva.
"Vedremo nei prossimi mesi...", spiega il sottosegretario, dando voce ai rumors, sempre più insistenti, su una manovra-bis dopo le Europee. E la sentenza di Rousseau potrebbe avere un peso su quale sarà l'esecutivo chiamato a farla. Perché un contratto, in fondo, è come un cuore: si può infrangere.
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