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Il Senato evita il processo a Salvini, tre del M5s votano in dissenso con la maggioranza

Matteo Salvini

Il Senato evita il processo a Matteo Salvini per il caso Diciotti. Il Governo tiene ma per superare lo scoglio psicologico della maggioranza politica, la fatidica quota 161, ha bisogno della blindatura di Fi e Fratelli d’Italia, gruppo misto e autonomie. Il Movimento 5 stelle però vacilla e fa i conti con gli ortodossi. Il fermo di 177 persone a bordo della Diciotti «non fu sequestro di persona», ma una scelta politica governativa adottata per l’interesse nazionale e in coerenza con le linee del governo in tema di immigrazione.

Il documento a favore di Salvini, già approvato in giunta, incassa 237 sì e 61 contrari alla chiusura della votazione delle 19, ma già alle 13, dopo il primo voto, i numeri della maggioranza politica (161 voti) sono ampiamente raggiunti: 232 no alla procedura. Lega e M5s insieme arrivano a 153: quindi risultano determinanti per superare questa soglia il gruppo Misto e quello dell’Autonomie. Numeri poi blindati dall’intervento di FI e FdI. Tre i voti M5s in dissenso, quelli annunciati in Aula dagli ortodossi Elena Fattori e Paola Nugnes ai quali si aggiunge quello di Virginia La Mura: se la vedranno con i probiviri. In Aula sui banchi del governo, accanto al vicepremier leghista il ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, quello dell’Agricoltura Gianmarco Centinaio e un solo rappresentate pentastellato, Riccardo Fraccaro, titolare dei rapporti con il parlamento.

I senatori si dovranno esprimere sulle mozioni di sfiducia nei confronti del ministro per le infrastrutture Danilo Toninelli, si dà per scontato che la Lega non tradirà il Movimento. «Scambio di favori» tuonano le opposizioni che ironizzando anche sul fatto che «l'avvocato Bongiorno» segua "parola per parola il discorso» del leader leghista. Effettivamente è un Salvini molto emozionato quello che intorno alle 11 si allontana dai banchi del governo in Aula al Senato, va verso i colleghi della Lega e da lì prende la parola per venti minuti. La voce tradisce l’agitazione, si scusa: «non mi emoziono quando parlo, ma quando c'è di mezzo un reato...». E stavolta non va a braccio «me lo sono scritto» dice. Poi assicura: «non sarò mai il ministro che lascia morire in mare qualcuno senza muovere in dito». E arriva al punto sulla Diciotti, «è stata un’iniziativa del Governo coerente con gli interessi pubblici del Paese, con la quale abbiamo salvato migliaia di vite», «per andare a processo - aggiunge - dovrei dire una bugia». Non dimentica di ringraziare «i colleghi 5 Stelle», «perché - spiega - le cose si fanno in due, evidentemente» e strappa l’applauso dei pentastellati, l’unico. "Sono un ragazzo fortunato - scandisce - perché ho l’onore di poter difendere il mio paese e i miei figli con il mio lavoro» e conclude: «dedico la mia vita a questo splendido Paese».

A difesa del ministro in Aula spiccano gli interventi dell’azzurro Renato Schifani e del 5 stelle Michele Giarrusso, entrambi convinti che «abbia agito per un supremo interesse dello Stato. Tanto che il dem Marcucci accusa anche loro di «esser gli avvocati di Salvini». «Voto convinto» quello del movimento, assicura Giarrusso, e si guadagna la stretta di mano del ministro dell’Interno proprio mentre Nugnes annuncia il suo voto in dissenso dal gruppo, perché «sono stati compressi i diritti umani». Poi è la volta della dissidente Fattori che preannuncia: «Sarò deferita ai probiviri», ma a differenza di Salvini «affronterò il processo a testa alta», consapevole di «correre il pericolo di vedermi allontanata dalla magnifica comunità 5s».

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