Un 'bollino nero' anche ai candidati condannati per i reati di corruzione, caporalato, autoriciclaggio e delitti contro l’ambiente. Diventa più severo il nuovo Codice di autoregolamentazione sulle liste delle candidature, con ulteriori restrizioni varate dalla Commissione parlamentare Antimafia, a distanza di quasi cinque anni dalla sua prima introduzione nel 2014. Ora la parola passa al Parlamento, che dovrebbe approvarlo in tempi brevi.
E il primo test potrebbero essere le elezioni europee di maggio, da cui potrebbero rivelarsi nuovi soggetti 'impresentabili'. Il presidente pentastellato Nicola Morra, che ha raccolto 'l'eredità' di Rosy Bindi, si è detto soddisfatto delle modifiche su un documento che con il nuovo governo giallo-verde segue la scia della norma 'spazzacorrottì, contenuta nella nuova legge anticorruzione.
Alle votazioni in Commissione sul documento si sono astenuti Pd, Fdl e Fi. Questi ultimi hanno chiesto di rendere 'impresentabile' solo chi ha sentenze in giudicato o doppia conforme mentre già attualmente il Codice prevede l’impresentabilità - in merito ai reati previsti - con il solo rinvio a giudizio a carico di un soggetto. A far insorgere il Pd c'è invece un aspetto legato all’introduzione del «principio del cumulo».
Quest’ultima regola stabilisce una soglia massima di 4 anni ad una serie di eventuali condanne a carico di un candidato, oltre la quale scatta l’alt del Codice alla candidatura. Da questo calcolo però - grazie ad un emendamento - sono state escluse le condanne per reati di opinione, come quelli previsti dalla legge Mancino. «L'emendamento presentato dal senatore M5s Michele Giarrusso e approvato dalla Commissione è una scelta che sdogana chi ha commesso colpe gravissime, fascisti e razzisti, fatta in un momento in cui sono evidenti questo tipo di rigurgiti nel Paese», tuona il senatore Franco Mirabelli, capogruppo Pd in Commissione.
«Se hai corrotto o concusso, rubato, rapinato giustamente sei impresentabile, ma - aggiunge il deputato democratico, Emanuele Fiano - se invece hai esercitato una discriminazione razziale oppure hai propagandato o hai istigato a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa, allora no, allora tappeti rossi».
Ma il presidente Morra respinge le accuse: «Non c'è stata nessuna 'sanatoria' o 'stralcio' dal codice Antimafia per i reati sulla discriminazione razziale, etnica o religiosa. Non erano contemplati prima e non lo sono neanche ora - sottolinea il senatore M5s - . La mia storia personale dice chiaramente quanto mi faccia schifo il razzismo. Ma questo tipo di reati non è mai rientrato né in passato, né oggi, nel codice degli 'impresentabild' dal punto di vista della commissione Antimafia».
Anche se il documento dovesse essere approvato in Parlamento, una soluzione alla questione potrebbe arrivare in futuro grazie alla malleabilità del regolamento: tra le novità introdotte, si contempla l’eventualità che la stessa Commissione possa modificare il Codice a cadenza annuale e non più quinquennale, come in passato. Lo stesso Morra chiarisce: «Nulla impedisce che con la prossima revisione del Codice alcuni reati particolarmente gravi possano essere presi in considerazione».
Caricamento commenti
Commenta la notizia