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Caso Siri, Salvini allontana la crisi di governo: "Mi fido di Conte". Il premier: "La mia decisione è la più giusta"

Il vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte

«In Consiglio dei ministri non ci sarà alcuna conta e non c'è alternativa alla soluzione da me indicata». Giuseppe Conte, dalla sua Puglia, prova a smorzare le polemiche su Armando Siri e, allo stesso tempo, costruisce i due terzi di un sillogismo la cui terza proposizione non può che essere le dimissioni del sottosegretario leghista. Il premier parla in una giornata che inizia sotto i colpi, a mezzo stampa e parzialmente smentiti dal diretto interessato, del suo vice Matteo Salvini.

Colpi dai quali Conte si tiene a debita distanza, manifestando calma fermezza ma avvertendo la Lega su un fatto: andare allo scontro in Cdm su Siri non conviene a nessuno. I fuochi di artificio di ieri, quando il governo sembrava a un passo dalla caduta, oggi sembrano sensibilmente annacquati. Salvini e Luigi Di Maio si tengono a debita distanza, anche geografica, rincorrendosi su proposte, frecciate, reciproci attacchi sull'argomento del giorno ma promettendo, alle rispettive platee, che il governo andrà avanti.

Ed è proprio Salvini, dalla Toscana - tra i suoi obiettivi principali nell’avanzata elettorale della Lega - a volersi tenere ben distante dalle polemiche romane. «Non mi interessa andare alla conta in Cdm», sottolinea il vicepremier dopo che, in mattinata, Conte assicura proprio che «non ci sarà alcuna conta». E Salvini smentisce anche i retroscena secondo cui il caso Siri avrebbe azzerato la sua fiducia nel premier. «Io mi fido del premier», assicura il leader della Lega prima che, sulla vicenda del sottosegretario torni a parlare Conte.

Il premier, che nel corso della giornata non sente Salvini, riafferma il ruolo di decisore che si è ritagliato in questi
giorni e ribadisce la bontà della decisione presa. «È stata una decisione giusta ma sofferta, ho ascoltato tutti e ho agito in trasparenza», assicura replicando, implicitamente, a chi, nella Lega, evocava una sua scorrettezza. Resta da vedere come, nei fatti, si chiuderà il caso prima che, probabilmente mercoledì mattina, il Cdm sia convocato.

La Lega, ufficialmente, smentisce qualsiasi passo indietro ma, da qui alle prossime 72 ore, per evitare lo strappo in Cdm o un improbabile voto della Lega a favore della revoca di Siri ci sono due opzioni: che i ministri di Salvini disertino il Consiglio o che il sottosegretario si dimetta prima. Ed è proprio quest’ultima soluzione, in queste ore, a prendere quota. Di Maio, dal canto suo, continua a non mollare la presa "bombardando" la Lega sul suo attaccamento alla poltrona. Ma, nel M5S, sono consapevoli che per parare l’avanzata leghista servirà altro.

Anche perché, l’obiettivo di Di Maio è ridurre al minimo la distanza tra il MS5 e la Lega alle Europee. E i sondaggi, in queste ore, dicono che litigare stando al governo non paga. Ecco perché, dietro le quinte dell’eventuale intesa su Siri c'è soprattutto un assioma: creare una crisi prima delle Europee non conviene a nessuno. Poi, dopo il 26 maggio, tutto potrà accadere. Ma il primo a «stoppare» eventuali blitz di Salvini, come dimostra il caso Siri, potrebbe essere proprio Conte.

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