Lunedì 23 Dicembre 2024

La guerra ai cannabis-shop diventa terreno di scontro politico tra Lega e Cinque Stelle

«Sono sicuro che il 'modello Macerata' può essere replicato con successo in tutta Italia, oggi stesso manderò una direttiva con questa indicazione». Lo afferma il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dopo la chiusura di tre negozi di cannabis in provincia di Macerata su decisione del questore. Controlli a tappeto contro «la droga e i prodotti che fanno male ai nostri figli». La guerra del Viminale ai cannabis shop è cominciata, mentre però nel governo comincia una nuova battaglia interna con un nuovo fronte dello scontro tra Lega ed M5s. Il ministro Salvini, che ha annunciato l’emanazione di una nuova direttiva, chiede che «il senatore dei 5 Stelle Mantero ritiri la proposta sulla droga libera», scongiurando il rischio - dice - di «uno Stato spacciatore». Più tardi arriva la secca replica del premier Conte: «Ho un’agenda con un’ordine del giorno molto fitto, questo non è all’ordine del giorno», dice il presidente del Consiglio. Ancora più pungente Di Maio: «Oltre a fare questo - dice il vicepremier rivolgendosi al leader leghista - lo pregherei anche di chiudere le piazze di spaccio della camorra, della mafia». Ma la chiusura di due cannabis shop decisi dal questore di  Macerata, preceduta dal sequestro di prodotti in cui è stato riscontrato un livello di thc superiore allo 0,6 (oltre il quale è considerato stupefacente, ndr), potrebbe rappresentare solo il primo di una serie di provvedimenti che saranno ora supportati dalla nuova direttiva del Viminale, che prevede una stretta sui controlli. Tanto da spingere Salvini a parlare di «modello Macerata, che può essere replicato con successo in tutta Italia», spiega il vicepremier, per il quale è cominciata «una guerra via per via, negozio per negozio, quartiere per quartiere, città per città. Gli spacciatori non li voglio, la droga fa male. Meglio un uovo sbattuto. Lo Stato - aggiunge - dimostra di non essere complice di chi vende prodotti che fanno il male dei nostri figli». Per Salvini, se bisogna legalizzare o liberalizzare qualcosa, parliamo invece della prostituzione». La nuova linea divide la maggioranza e non solo. Dopo poche ore il consiglio comunale di Torino, a maggioranza M5s, accende il semaforo verde alla coltivazione della cannabis a scopo terapeutico su proprietà comunali con una mozione presentata da un consigliere pentastellato e approvata in Sala Rossa da tutti i 25 consiglieri presenti. Assente il centrodestra. Nello stesso capoluogo piemontese, è arrivata però anche una tegola per i "pro-cannabis": il Festival Internazionale della Canapa, in programma dal 17 al 19 maggio al Pala Alpitour, è stato annullato. Una scelta dovuta proprio alle dichiarazioni del ministro dell’Interno, che hanno spinto diversi espositori a dare forfait. Ma c'è chi invece rilancia e non rinuncerà alla consueta sfilata indetta a Roma, come avviene ormai da 19 anni, per dire "sì alla legalizzazione» e «no al proibizionismo». E ora, con il nuovo dibattito in corso, la Million Marijuana March in programma sabato prossimo nel centro della Capitale si trasformerà in un’occasione per contestare la «guerra alla cannabis» lanciata in questi giorni dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Inevitabile anche la reazione di alcuni gestori degli shop: «Noi non vendiamo droga ma prodotti terapeutici che aiutano a rilassarsi, non siamo pusher. Vendiamo un brand», spiegano ricordando che una legge del 2016 ammette il commercio di prodotti a base di canapa, anche con infiorescenze, purché il loro contenuto di Thc (la sostanza che dà effetti psicotropi, ndr) sia inferiore allo 0,6%. Anche al Viminale non c'è consenso unanime sulla scelta del ministro, con scintille tra i funzionari gialloverdi. «Non vedo per quale motivo vadano chiusi. Lo Stato deve star vicino alle piccole medie imprese. È un tema che per me non esiste», dice il sottosegretario al ministero dell’Interno, Carlo Sibilia, in quota Cinque Stelle, che ingaggia una polemica con il suo omologo leghista al ministero, Stefano Candiani. «Se dovessimo lasciare fare a chi la vede come lui ci troveremmo presto i cannaioli al posto dei caldarrostai nelle piazze d’Italia», commenta Sibilia.

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