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Europee, Di Maio sotto accusa dopo la disfatta: nel M5s in molti chiedono discontinuità

Luigi Di Maio

Luigi Di Maio sotto accusa. Nel day after delle elezioni Europee che ha visto la debacle del M5s che ha praticamente dimezzato i voti in un anno, sotto tiro è proprio il vicepremier e capo politico del Movimento che viene accusato da più parti di avere molte colpe sulla sconfitta. E in molti chiedono discontinuità all'interno del Movimento.

«Che ci sia bisogno di una discontinuità è fuori di dubbio ma la discontinuità deve essere molto più sostanziosa», afferma Gianluigi Paragone (M5s) ai microfoni del Fatto quotidiano tv, commentando le dimissioni di Primo Di Nicola da vicepresidente del gruppo pentastellato al Senato. Domani sera finalmente abbiamo la possibilità di discutere in plenaria visto che la riunione di ieri» al Mise «non ha anticipato alcunchè. E’ domani il luogo idoneo per maturare una scelta tutti insieme. Certo che sì che serve discontinuità ma la decisione è stata già presa dai nostri elettori. La generosità di Luigi di avere tre o quattro incarichi deve essere rivista. Il Movimento per ripartire ha bisogno dai una leadership politica h 24, dobbiamo tornare dall’io al noi, l’io è stata una fuga in avanti, forse anche importante in un certo momento, ma quando l’io si trasforma in io con la maiuscola non va più bene», conclude Paragone.

«Dissi in tempi non sospetti che Di Maio non avrebbe dovuto ricoprire tutti quei ruoli, perchè non ne ha fatto bene nessuno. Di Maio ha nessuna forza come leader perchè non è cresciuto da nessuna parte, non è un Berlinguer. E’ una persona che rappresentava un popolo e ha sbagliato a volersi blindare. Se riorganizzazione ci deve essere, deve partire dalla base. Non ci devono essere i gerarchi stile giglio magico che vengono sul territorio, perchè non li ascolta nessuno». Lo ha detto la senatrice del M5s, Elena Fattori, ai microfoni di radio Cusano Campus.
«Di Battista è una grande persona ma non rappresenta più nessuno, se n'è andato, non ha il polso né dei territori né dei gruppi parlamentari. E’ uscito dal Parlamento quando eravamo all’opposizione e dovevamo solo parlare - ha aggiunto - E’ chiaro che lui abbia una visione vecchia del M5s che però è evoluta in forza di governo. Bisogna mettere in atto i principi che hanno animato il M5s delle origini. L’errore principale è stato lasciare il tema dell’immigrazione a Salvini». Dimissioni di Di Maio? «Domani ci sarà l’assemblea, a cui parteciperò anche io perchè è un momento in cui tutti dobbiamo esserci, io rappresento la voce di quelli che in questi mesi avevano chiesto un cambio di rotta. Io dissi in tempi non sospetti che Luigi non avrebbe dovuto ricoprire tutti quei ruoli, perchè non ne ha fatto bene nessuno. Dall’inizio della legislatura c'è stato un blindarsi di Luigi insieme ai suoi fedelissimi con dei regolamenti ad personam che gli lasciavano tutta la libertà decisionale, cosa che non ha senso nel nostro Movimento dove il confronto è fondamentale. Inoltre i territori sono stati abbandonati, costretti ad autodeterminarsi. Sono stati fatti tanti errori. A questo punto reiterare l’errore, sempre tra le stesse persone Di Maio, Di Battista e Casaleggio, non ha senso. Se Luigi deve fare il ruolo di leader, che non è il ruolo di capo, deve rappresentare le persone che lì ce l’hanno messo. Se invece diventa un capo dei capi perde la forza che aveva», ha concluso Fattori.

«Il governo non deve andare avanti a tutti i costi. Io penso che il M5S debba essere al servizio del Paese e ho la presunzione che le 5 stelle del nostro Movimento siano in grado di raggiungere questo obiettivo. Fino a quando sarà possibile farlo da una posizione di governo, ben venga, altrimenti sarà giusto farlo dall’opposizione, ricordando che la finanza è al servizio dell’economia che non ha confini nazionali: non è possibile evitare il confronto con l’Europa per ottenere nuove regole di bilancio e rischi condivisi». Lo afferma la deputata del M5S Carla Ruocco, presidente della commissione Finanze della Camera, in un’intervista al Messaggero in cui attribuisce a Luigi Di Maio le responsabilità della debacle elettorale. «Voglio bene a Luigi con cui per anni abbiamo fatto crescere il Movimento, ma c'è una responsabilità politica di questo brutto risultato che non spunta dal nulla ma ha radici lontane: penso all’esperienza di Roma. Sarebbe giusta una riflessione e mi dispiace ma non ho ancora avuto segnali», dice Ruocco. Su una leadership alternativa a Di Maio, «il Movimento è nato sulla condivisione dei valori, dei temi e dell’azione politica, e non su catene di comando», osserva. «Abbiamo pagato errori organizzativi e comunicativi. Presentandoci solo nel 7% dei comuni in cui si votava per le amministrative abbiamo dato un’idea di lontananza dagli elettori», è l’analisi di Ruocco. «Non siamo riusciti a caratterizzarci come forza politica di rinnovamento, anche per colpa di troppi cambi di linea comunicativa in corsa. Siamo caduti anche noi nella trappola dell’immagine dell’uomo solo al comando che è antitetico al Dna del Movimento. Il voto delle Europee è un voto prevalentemente di opinione su temi generali. Il difetto di coerenza è stato letale». Sull'astensione, «il Sud ci ha dato una fiducia enorme alle politiche e aveva molte aspettative. L’errore più evidente è stato quello di limitare il nostro impegno al solo reddito di cittadinanza", rileva la deputata. In merito alla possibilità di un’alleanza futura con il Pd, "non leggo i tarocchi, penso che le alleanze future debbano essere sui temi e sui valori che fanno bene al Paese, non su altro. Su queste premesse si può parlare con tutti», conclude.

Del risultato catastrofico del M5s alle urne «la responsabilità è tutta di Luigi Di Maio». Per il deputato 5S Luigi Gallo, presidente della commissione Cultura, "sarebbe ora che Di Maio si chiedesse se è in grado di guidare un governo a trazione M5s o se invece non sia il caso di lasciare». «Non ha senso - dice in un’intervista alla Stampa - portare avanti ancora un governo in cui noi facciamo da stampella alla Lega. Non possiamo restare incollati alle poltrone». «I nostri elettori hanno percepito finora un governo a trazione leghista e per questo in molti ci hanno abbandonato.
Sarebbe il caso di invertire la rotta, smetterla di inseguire i nostri alleati e tornare a combattere alcune battaglie identitarie che in questi mesi sono state abbandonate», evidenzia Gallo. «L'ambiente dovrebbe essere la nostra stella polare. Abbiamo dimenticato dei temi centrali, per noi, intorno ai quali avevamo aggregato una comunità. Questo è il prezzo che paghiamo». Sulla leadership, «il Direttorio aveva i suoi limiti ma funzionava. Può tornare una formula del genere, purché ci sia una pluralità vera al suo interno. Se in un Direttorio ci mettiamo cinque fedelissimi del capo che fanno esattamente quello che dice lui, non risolviamo nulla», rileva Gallo, secondo cui «manca anche un’altra cosa: delle cabine di regia per valorizzare le competenze di tutti i portavoce del Movimento. Le chiediamo da un anno ma non arrivano ancora. Adesso vedremo con questa riorganizzazione del partito se qualcosa si muoverà o se invece continueremo a tenere una Ferrari in garage».

C'è chi però difende l'operato del vicepremier e capo politico del Movimento: «Dopo una caduta hai due possibilità: rimanere a terra dolorante o rialzarti più determinato di prima. Io, personalmente, scelgo la seconda. Oggi, dopo l’esito delle europee, sicuramente è doveroso fermarsi e riflettere per capire cosa abbiamo sbagliato e perché. Molti dei nostri elettori sono rimasti a casa, ci hanno mandato un segnale che noi abbiamo il dovere di recepire. Allo stesso tempo dobbiamo rialzarci, smaltire il dolore della caduta e ripartire con maggiore determinazione. Dobbiamo guardarci indietro, pensare alla nostra identità, alla nostra storia. Dobbiamo continuare a portare avanti un percorso iniziato anni fa». Lo scrive in un post su facebook Francesco D’Uva capogruppo M5s alla Camera. «Sì è vero - prosegue - abbiamo commesso qualche errore. Ma l'abbiamo fatto sempre in buona fede, con trasparenza, dimostrando sempre e comunque vicinanza ai cittadini. Il confronto in questa fase è fondamentale, ma parlo di un confronto costruttivo perché tutti insieme facciamo parte del MoVimento, tutti siamo il MoVimento e tutti dobbiamo sostenerlo anche nei momenti di difficoltà. Ci tengo a ringraziare Luigi Di Maio. Un amico, un infaticabile lavoratore che si è fatto il mazzo in questa campagna elettorale. Così come è doveroso ringraziare tutti i portavoce, gli attivisti e tutto lo staff del MoVimento 5 Stelle. Ogni singola persona ha sacrificato qualcosa per dare il proprio contributo attivo in questa campagna elettorale. Da oggi dobbiamo ripartire con grande umiltà, pensando a una nuova fase».

In difesa di Di Maio anche il presidente della Commissione per le Politiche dell’Ue Sergio Battelli, del M5S: «La velocità della politica è incredibile, ruota vorticosamente. A volte va bene, a volte, come in questo caso, va male. L’esito delle elezioni europee ci dice che 4 milioni e mezzo di persone ci hanno sostenuto in Europa mentre una parte consistente di elettorato, sfiduciato, ha preferito non esprimersi. E’ nostro dovere, a questo punto, fermarci, analizzare, comprendere gli errori e metterci in moto per rimediarli. Ciò che è certo è che l’esame di coscienza devono farlo tutti e a tutti i livelli. Nessuno, oggi, può esimersi da questo percorso o ergersi a censore perché la storia del MoVimento 5 Stelle ci insegna che si vince tutti insieme e si perde tutti insieme. Ben vengano, allora, le critiche costruttive - prosegue Battelli - ma privare Luigi Di Maio del nostro sostegno significa commettere un grave errore di valutazione politica e rinnegare le nostre origini. Il segnale è chiaro: servono più dialogo e umiltà da parte di tutti». «E allora, invece di puntare il dito, di autocommiserarci, rialziamoci, rimbocchiamoci le maniche, ripartiamo dai nostri territori, ascoltiamo la nostra gente col sorriso e la mente sgombra, consapevoli che i nostri principi non possono essere scalfiti, consapevoli di essere baluardo della legalità e del rispetto del contratto di governo. Misure come l’abbattimento della pressione fiscale per le imprese, insieme al salario minimo, sono il primo punto da portare in fondo. La strada da compiere per il cambiamento è ancora lunga e possiamo percorrerla solo se restiamo uniti», spiega.

Intanto, un eventuale elezione anticipata potrebbe essere un trauma per il Movimento alle prese con il limite del secondo mandato di deputati e senatori. Sono infatti ottantatre - sulla base della consultazione degli elenchi dei nomi dei deputati e dei senatori pubblicati dai siti di Camera e Senato - gli esponenti grillini già al secondo mandato che - secondo le regole e lo statuto del Movimento, che ora Di Maio vorrebbe cambiare -, non potranno ricandidarsi in parlamento su un plafond di 2.868 «politici eletti nel Movimento 5 stelle o nominati nelle giunte comunali» come si può leggere sul sito Open Polis secondo una ricerca che porta la data del 19 marzo scorso. Che azzarda un’ipotesi: «Eliminare la regola dei due andati può aiutare il M5s a formare una classe dirigente». Ma se le regole cambiassero potrebbero correre invece per le elezioni locali. E tra questi ci sono figure di spicco del Movimento. Cinquantasei sono i deputati M5s già al secondo mandato che dovrebbero fare ritorno a casa lasciando lo scranno di Montecitorio. Tra i nomi più noti, il vice premier e capo politico del Movimento Luigi Di Maio, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, il viceministro per l’Economia Laura Castelli, Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri, il Presidente della Camera Roberto Fico, il ministro senza Portafoglio Riccardo Fraccaro, la ministra della Salute Giulia Grillo, e poi Carla Ruocco, Giulia Sarti, Carlo Sibilia, sottosegretario agli Interni.

Di seguito l’elenco della Camera: Massimo Enrico Baroni, Sergio Battelli, Alfondo Bonafede, Giuseppe Brescia, Francesca Businarolo, Maria Pia Azzurra Cancelleri, Laura Castelli, Tiziana Ciprini, Andrea Colletti, Claudio Cominardi, Emanuela Corda, Davide Crippa, Fabiana Dadone, Federica Daga, Giuseppe, D’Ambrosio, Daniele Del Grosso, Diego De Lorenzis, Federica Dieni, Luigi Di Maio, Federico D’Inca, Manlio Di Stefano, Francesco D’Uva, Mattia Fantinati, Vittorio Ferraresi, Roberto Fico, Riccardo Fraccaro, Luca Frusone, Chiara Gagnarli, Davide Galantino, Filippo Gallinella, Luigi Gallo, Marta Grande, Giuseppe L’Abbate, Mirella Liuzzi, Marialucia Lorefice, Maria Marzana, Salvatore Micillo, Dalida Nesci, Paolo Parentela, Carla Ruocco, Giulia Sarti, Carlo Sibilia, Maria Edera Spadoni, Arianna Spessotto, Patrizia Terzoni, Angelo Tofalo, Davide Tripiedi, Luigi Vacca, Simone Valente, Andrea Vallascas, Stefano Vignaroli, Alberto Zolezzi.

Ventisette sono invece i senatori che dovrebbero lasciare Palazzo Madama. Tra i nomi più in vista, il sottosegretario Vito Crimi, Elena Fattori, Michele Giarrusso, Elio Lanutti, la ministra per il Sud Barbara Lezzi, Paola Nugnes, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Ecco l’elenco completo: Dontella Agostinelli, Alberto Airola, Laura Bottici, Gianluca Castaldi, Nunzia Catalfo, Lello Ciampolillo, Andrea Cioffi, Vito Crimi, Daniela Donno, Giovanni Endrizzi, Elena Fattori, Michele Giarrusso, Gian Pietro Girotto, Elio Lannutti, Barbara Lezzi, Stefano Lucidi, Matteo Mantero, Michela Montevecchi, Vilma Moronese, Nicola Morra, Paola Nugnes, Daniele Pesco, Rosario Vito Petrocelli, Sergio Puglia, Vincenzo Santangelo, Paola Taverna, Danilo Toninelli.

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