L'Unione Europea contro la manovra italiana, sempre più forte l'ipotesi di una procedura di infrazione
Sul futuro dei conti pubblici italiani tornano ad addensarsi nuvole di tempesta che, già prima dell’estate, potrebbero scaricare sull'Italia una procedura per debito eccessivo che toglierebbe al Governo potere sul suo bilancio, costringendolo a manovre obbligatorie decise da Bruxelles. Le giustificazioni del ministro dell’economia Giovanni Tria finora non hanno convinto i commissari, che quasi all’unanimità ormai ritengono che il caso italiano si è prolungato per troppo tempo, il debito è fuori controllo e il deficit è lanciato oltre il 3% già solo con le misure prese quest’anno. E considerano quindi «giustificata» una procedura sanzionatoria il prima possibile. Lo spread accusa il colpo, sale a 285, ma poi chiude sotto 270 mentre il Governo annuncia di voler proseguire il dialogo con la Commissione. I mercati hanno reagito bene oggi, afferma in serata Tria, «perché hanno capito che ci sono i presupposti per la procedura ma anche la volontà del Governo e della Commissione di andare avanti col dialogo». In sostanza per Bruxelles la coalizione gialloverde, invece di migliorare la situazione dei conti, con questa manovra 2019 l'ha peggiorata. Con l’aggravante di non aver fatto nemmeno quelle riforme strutturali e pro-crescita che la Ue chiede da anni, come ridurre le tasse sul lavoro e i tempi della giustizia, aumentare competitività, produttività e concorrenza. Il vicepresidente Valdis Dombrovskis lo dice senza giri di parole: «L'Italia deve riconsiderare la sua traiettoria di bilancio e metterla chiaramente su un percorso di discesa, perché quello attuale ha creato danni all’Italia: la crescita va giù, gli interessi sul debito salgono e c'è un impatto negativo sugli investimenti». Il problema, spiega, non è la procedura, ma la situazione generale di tutti gli indicatori macroeconomici, peggiorati nell’ultimo anno. E invita a guardare la crescita, «praticamente in stallo». La Commissione punta il dito contro le nuove misure, e soprattutto contro Quota 100, perché è la riforma che «capovolge» gli effetti positivi degli interventi del passato e indebolisce «la sostenibilità a lungo termine» delle finanze, danneggiata anche dall’«aumento dei tassi d’interesse dei titoli di Stato osservato nel 2018 e 2019». La Ue stima che nel 2018 la spesa per interessi è stata di 2,2 miliardi, ovvero 1000 euro a persona. La manovra espansiva ha quindi aggravato la deviazione dei conti pubblici dagli impegni presi con l’Europa. Ed è di nuovo, come a dicembre, uno scostamento «significativo»: per il 2018 si tratta di una differenza di 0,4% (ormai certificata dai dati Eurostat) e nel 2019 di circa 0,5%, contando già tutte le flessibilità possibili. Sarebbe questa la base di partenza di un eventuale negoziato per correggere i conti, ma l’entità dello sforzo da fare per evitare la procedura dovrebbe essere concordato con la Ue. «Pensioni e quota 100 non si toccano», ha messo in chiaro il vicepremier Luigi Di Maio, mentre il collega Matteo Salvini si spingeva oltre. Con la Fornero «siamo solo all’inizio», ha annunciato, ribadendo anche che «i vincoli dell’Europa si possono rivedere». Con una nota, Palazzo Chigi prova ad impostare il dialogo con Bruxelles. E spiega che da un monitoraggio più recente «ci sarebbero maggiori entrate tributarie e contributive per 0,17 punti di Pil e maggiori entrate non tributarie per ulteriori 0,13 punti». A beneficio del deficit che scenderebbe al 2,2%-2,1%. «La mia porta resta sempre aperta» al dialogo, ha assicurato il commissario Pierre Moscovici, che giovedì 13 incontrerà Tria all’Eurogruppo di Lussemburgo. Nel frattempo, però, l’iter della procedura prosegue. Gli sherpa dell’Ecofin hanno 15 giorni per dare il loro parere, ma potrebbero già esprimersi martedì prossimo, ripassando la palla alla Commissione che dovrà preparare la raccomandazione con il calendario della correzione dei conti. Potrebbe avvenire nella riunione del Collegio del 26 giugno o del 3 luglio. In tempo perché l’ultimo Eurogruppo prima dell’estate, l’8 luglio, possa ufficialmente mettere l’Italia sotto la tutela della Ue per anni, cioè finché non rientrerà dallo sforamento.