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Salvini in pressing per l'Autonomia regionale, è braccio di ferro con il M5s

Sulla scia della vittoria olimpica, la Lega prova l’accelerazione finale sull'Autonomia di Lombardia e Veneto, insieme all’Emilia Romagna. «Quando corrono gli enti locali l’Italia vince», dice Matteo Salvini, tornando a indicare Roma come il luogo dove «tutto si ingolfa».

Ma su scuola, trasporti e tasse da trasferire alle ricche regioni del Nord, il Movimento 5 stelle vuole giocare fino in fondo la sua partita. E almeno correggere e rallentare, se non fermare, la corsa dei governatori salviniani verso l’autonomismo. Dando al Parlamento il potere di esaminare ed emendare. Con la calma necessaria.

È questo il cuore di un lungo vertice serale a Palazzo Chigi di Giuseppe Conte con Luigi Di Maio e Salvini, che deve discutere anche della concessione ad Autostrade (e del possibile ingresso di Atlantia in Alitalia).

I Cinque stelle considerano difficile che Salvini vada via a mani vuote, perciò con ogni probabilità nel Consiglio dei ministri di questa settimana arriverà un primo via libera all’Autonomia, da portare poi a un nuovo tavolo con le Regioni. Anche perché la partita è legata, su un piano tutto politico, a un altro tema caro alla Lega, quello della prossima manovra e della flat tax.

Sui conti pubblici si deciderà tutto nelle ultime ore prima del Cdm: sia a Palazzo Chigi che nel M5s c'è ottimismo sul via libera della Lega alla legge di assestamento di bilancio con una correzione dei saldi che consenta di evitare la procedura d’infrazione Ue.

Ma il nodo, enorme, riguarda il 2020: nel governo sarà battaglia fino alla fine e uno stop all’Autonomia potrebbe indurre Salvini a far saltare tutto. Tra l’altro la Lega starebbe preparando - pronta all’uso, per forzare la mano nel governo - un’accelerazione delle misure fiscali (la «manovra» di cui ha parlato Salvini), con un provvedimento ad hoc (forse un decreto, ma non si trovano riscontri tra le fonti ufficiali) cui già lavorano gli uffici.

Tutti insieme, insomma, vengono al pettine i nodi più spinosi per i gialloverdi. Accelera anche la decisione sulla Tav: dopo l'aumento al 55% dei finanziamenti europei i leghisti spingono perché arrivi in fretta il Sì del governo ma il M5s frena, chiede tempo (i bandi, sottolinea, sono revocabili) e, dilaniato al suo interno, si affida a Conte.

Il via libera all’opera viene reputato inevitabile anche da qualche pentastellato. Ma da Palazzo Chigi sottolineano che la posizione di Conte, negativa dopo l’analisi costi-benefici, per ora non cambia: il premier, che venerdì vedrà Emmanuel Macron al G20 in Giappone, valuterà a tempo debito. Per il M5s però fin d’ora il punto è tutto politico.

Sulla Tav come sulle Olimpiadi, è in gioco il dna del Movimento. Ecco perché in un post su Facebook Di Maio addita il nemico di sempre, «il sistema», il «partito del cemento»: è un messaggio ai militanti delle origini, che raccoglie il plauso di Alessandro Di Battista. È il cardine della battaglia avviata contro Autostrade dopo il crollo del ponte Morandi: a Chigi, Di Maio e Danilo Toninelli portano la proposta di revocare la concessione.

Ma il rischio, spiegano i leghisti, è che se arriva lo stop alla concessione, è automatico che Atlantia resti fuori da Alitalia, con il rischio di non trovare alternative per la compagnia di bandiera. Salvini prova intanto a incassare un punto sul fronte delle Autonomie regionali. «Per carità, facciamo pure la riunione a Palazzo Chigi», dice tranchant, «ma noi siamo pronti da tempo».

Ma anche qui, i Cinque stelle arrivano determinati a farsi valere. I ministri si riuniscono di primo mattino e concordano la strategia. Via libera alle intese sulla sanità: saranno fatti pesare i nodi che restano su scuola, trasporti e soprattutto sui
trasferimenti fiscali alle Regioni, che hanno sollevato diverse perplessità del ministero dell’Economia.

C'è poi il tema del ruolo del Parlamento: la Lega vorrebbe un passaggio light, con un voto su un’informativa del presidente del Consiglio, mentre altri M5s propongono un iter più complesso, in cui tutte le commissioni possano esprimere un parere, raccogliendo l’invito dei presidenti delle Camere e anche del Quirinale a garantire la possibilità di emendare i testi. Il braccio di ferro si annuncia ancora lungo.

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