Il Senato approva la fiducia posta dal governo sul decreto crescita con 158 sì, 104 contrari e 15 astenuti. Il provvedimento, contenente misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi, diventa legge.
Venerdì 21 giugno era arrivato il primo via libera dalla Camera dove, ai 50 articoli iniziali se ne erano aggiunti altri 60, che lo hanno trasformato in un vero e proprio decreto omnibus.
Si va dalla reintroduzione del superammortamento per le imprese alla riapertura della rottamazione e saldo e stralcio. Dal taglio delle tariffe Inail strutturale solo dal 2023 agli ecoincentivi per tutte le moto e microcar. Ok anche all’autorizzazione al Mef per entrare nella nuova Alitalia.
Dopo le polemiche, salta il trasferimento della titolarità dei Fondi per lo sviluppo e la coesione alle Regioni, una norma duramente contestata dalla ministra per il Sud, Barbara Lezzi, voluta invece dalla Lega, e che è stata al centro di un braccio di ferro all’interno del governo e della maggioranza.
Nessun passo indietro, invece, sulla responsabilità penale per eventuali reati ambientali relativi alla bonifica e al rilancio dell’Ilva di Taranto. Il governo dice no all’immunità totale nonostante il duro botta e risposta tra Arcelor Mittal e il Mise. Sospeso il commissariamento fino al 31 ottobre e non più fino a fine anno per l’Inpgi e via anche l’emblema di Stato da apporre sulle merci per contrastate il falso made in Italy.
Restano confermati il finanziamento di 3 milioni per Radio Radicale, le norme per favorire le aggregazioni bancarie al Sud, con particolare attenzione alla Banca Popolare di Bari, le misure per tutelare i fornitori di Mercatone Uno. Ok anche al Salva-Comuni, allo 'scivolo' aziendale di 5 anni e al taglio dell’Ires al 20% dal 2023. Il provvedimento, durante il suo iter a Montecitorio, ha anche assorbito il pacchetto delle semplificazioni fiscali.
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