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Vitalizi dei parlamentari, la Cassazione boccia il ricorso contro i tagli

Tagli alle pensioni d’oro dei parlamentari, decide e giudica solo la Camera ma rimane aperta la strada per l’intervento della Consulta, tradizionalmente contraria alle "decurtazioni pensionistiche". E’ questo il verdetto della Cassazione che si è occupata di uno dei cavalli di battaglia dei Cinquestelle, il taglio dei "privilegi" dei parlamentari che esultano con il vicepremier Luigi Di Maio: «Una bellissima notizia. Stop ai privilegi».

Sforbiciati con deliberazione dell’Ufficio di Presidenza della Camera, il 12 luglio di un anno fa, con effetto a partire dal primo gennaio scorso quando gli ex onorevoli hanno ricevuto l'assegno alleggerito del 44,41%.

Ad avviso della Suprema Corte - chiamata ad occuparsi del taglio su istanza del costituzionalista Paolo Armaroli, ex
parlamentare di An - la Camera è l’unica istituzione che ha il potere di decidere qualunque cosa su stipendi e pensioni del suo personale e dei parlamentari, ed è l’unico ente che può occuparsi delle controversie promosse dagli ex onorevoli per il ripristino delle pensioni "piene". Nessun altro giudice può intervenire, nè quello ordinario, nè quello amministrativo, scrivono le Sezioni Unite nel verdetto 18265. Ma non tutto è perduto, per l’esercito degli ex onorevoli, perchè c'è ancora lo spazio per chiedere l’intervento della Consulta, giudice di solito contrario alla perdita dei "diritti acquisiti".

Tra i primi a gioire del verdetto, c'è il vicepremier cinquestelle Luigi Di Maio: «Qualcuno ha fatto ricorso per conservare il privilegio che percepiva ingiustamente da anni» ma «la Cassazione - prosegue Di Maio - lo ha bocciato! Perché sui vitalizi e sulle indennità parlamentari decidono solo gli organi dell’autodichia, a garanzia dell’autonomia del Parlamento» e «si è deciso di tagliare questi privilegi assolutamente iniqui». Di Maio ricorda che così si risparmiano, tra Camera e Senato, «280 milioni a legislatura».

Tuttavia gli "ermellini" non solo hanno lasciato la strada aperta alla Consulta, ma si sono anche espressi in favore dei
vitalizi in quanto «l'assenza di un riconoscimento economico per il periodo successivo alla cessazione del mandato parlamentare varrebbe quale disincentivo, rispetto al trattamento previdenziale ottenibile per un’attività lavorativa che fosse stata intrapresa per il medesimo lasso temporale». I vitalizi - rileva ancora la Cassazione - sono funzionali alla «sterilizzazione degli impedimenti economici all’accesso alle cariche di rappresentanza democratica del Paese e di garanzia dell’attribuzione ai parlamentari, rappresentanti del popolo sovrano, di un trattamento economico adeguato ad assicurarne l'indipendenza, come del resto accade in tutti gli ordinamenti ispirati alla concezione democratica dello Stato».

Concetti che sono "musica" per le orecchie di Antonello Falomi, presidente dell’Associazione degli ex parlamentari. «La Cassazione - sottolinea infatti Falomi - si è limitata a stabilire chi è il giudice che ha la competenza a giudicare. Sul merito, invece, ha ribadito quello che abbiamo sempre sostenuto e cioè che il vitalizio, come l’indennità parlamentare, non è un privilegio ma una garanzia. La garanzia posta dalla Costituzione a tutela dell’accesso dei cittadini alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza e del libero esercizio della funzione del parlamentare senza vincolo di mandato».

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