Il governo può cadere da un momento all’altro, «anche prima di settembre». Con una frase, Matteo Salvini inguaia il ferragosto ad alleati e avversari politici. E' la minaccia di una pre-crisi permanente, la volontà di tenere il M5s sulla graticola l’intero agosto, con la promessa - rilanciata dalle spiagge - di staccare la spina se Giovanni Tria (non lo cita ma il bersaglio è anche Giuseppe Conte) imposterà una manovra «a costo zero», da «gioco delle tre carte». Il leader della Lega sarà in Aula al Senato per votare Sì alla Tav, a pochi metri dal Cinque stelle Danilo Toninelli, che voterà per il No. Uno stress test da brividi per il governo. Non cadrà su quel voto, scommettono in molti. Ma le opposizioni tengono alta la guardia. E M5s già mette in conto, un minuto dopo, la richiesta di dimissioni di Toninelli e l’accusa a Conte di esser stato sfiduciato dal no M5s all’opera. Salvini riunisce al Viminale le parti sociali, prepara quella che ha il sapore di una «contromanovra», con taglio delle tasse, stop alla Tasi, eliminazione degli 80 euro di Renzi. «Andrò a Bruxelles a chiedere flessibilità», annuncia con piglio da premier. E attacca a testa bassa non solo Tria, ma anche i ministri M5s Toninelli, Sergio Costa e Giulia Grillo. Poi scrive a Conte, con cui i rapporti sono gelidi, per chiedergli di fare di più in Europa sull'immigrazione, di fare sua la linea del decreto sicurezza bis (lo definisce un «indubbio successo», mentre Conte non ha speso neanche mezza parola a commentare il via libera). Gli alleati sono attenti a non cadere nel tranello leghista: evitano quanto più possibile la polemica. Luigi Di Maio dice che Salvini «può incontrare chi vuole» e solo una nota di fonti M5s rimarca che i sindacati riconoscono come sede ufficiale di confronto Palazzo Chigi e perciò il vicepremier "non ha fatto bella figura". In casa leghista si spiega che il leader adesso sta mettendo in fila le tante cose che non vanno nel governo: quando riterrà che sono troppe, trarrà le conseguenze. In realtà, spiegano, la convinzione è che rompere si possa davvero sulla manovra, se - come probabile - per rispettare i parametri Ue i cordoni saranno stretti. La Lega potrebbe far mancare i suoi voti e lasciare che se la «accolli» Conte. Ma potrebbe non esserci subito il voto, perché nella partita si inserirà la riforma costituzionale per il taglio dei parlamentari, che la Camera dovrebbe approvare a settembre: considerato anche l’eventuale referendum confermativo (possibile intorno a marzo), la finestra elettorale si potrebbe aprire in primavera e Salvini proverebbe ad approfittare della legge elettorale con quota maggioritaria, per vincere da solo. Scenari, che potrebbero cambiare per diversi fattori esterni. La certezza è che la linea di attacco, che secondo alcuni serve anche a coprire difficoltà su temi come i 49 milioni della Lega, proseguirà. In Senato in mattinata si voteranno sei mozioni: due no Tav, di M5s e Leu, e quattro sì Tav, di Pd, Bonino, Fdi e da Fi. Il governo, che ha detto sì all’opera, dovrebbe rimettersi al volere dell’Aula. Si voterà in ordine di presentazione, a partire dai testi di M5s e Pd. La Lega annuncia che voterà contro le mozioni no Tav e a favore di quelle per il sì, ma chiederà di votare per parti separate il testo Dem, critico verso il governo. Il Pd annuncia il no alla mozione M5s e il sì a quella propria. Lo stesso dovrebbero fare Fi e Fdi. Leu voterà con il M5s contro la Tav. Ma fino all’ultimo ci si tiene pronti a cambi di strategia. Nello schema in cui ognuno vota secondo la propria linea, verrebbero bocciate le mozioni M5s e Leu e passerebbero tutte quelle pro-Tav. C'è però chi come Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova, da «fuori», preme perché le opposizioni attuino una «trappola», lasciando in Aula i soli M5s e Lega: le contraddizioni nella maggioranza verrebbero al pettine, il governo salterebbe. Ma pochi, viene notato, in Parlamento tifano per le elezioni subito. Perciò l’ipotesi che circola in serata, per mettere a nudo le contraddizioni M5s, è far mancare il numero legale alla prima votazione. Ad aprire le danze, però, dovrebbe essere la Lega, che per ora nega di volerlo fare. Le divisioni emergeranno comunque, soprattutto se, come annunciato, saranno in Aula Toninelli e Salvini, l’uno a votare per il Sì, l'altro per il No.