Nessun voto sulla mozione di sfiducia al premier: Giuseppe Conte sarà in Aula martedì 20 agosto per raccontare la sua versione della crisi del governo giallo-verde. Si materializza in Senato il primo asse, anche se su un voto legato al calendario, fra i 5S e il Pd sostenuti da LeU e dalle Autonomie e che mette in minoranza il centrodestra.
Matteo Salvini, consapevole di andare incontro ad una prima sconfitta, prende la parola nell’emiciclo di Palazzo Madama e sfida Luigi Di Maio: la carta che gioca è il taglio dei parlamentari, che si può votare - dice - già il prossimo lunedì. Lo annuncia in un’Aula gremita, dove ad applaudirlo non sono solo i senatori leghisti ma anche alcuni colleghi pentastellati. Poi, aggiunge il vicepremier, però tutti al voto. Subito.
La sfida viene raccolta da Luigi Di Maio: bene procedere con la riforma che riduce di 345 gli eletti ma - rilancia - ora si possono sforbiciare anche «gli stipendi». Nessuna preclusione ad andare alle urne questo autunno, dice poi il leader 5S, ma nel
"rispetto" delle prerogative del Quirinale. La mossa di Salvini sulle prime almeno viene dunque accolta con qualche sospetto dagli ex alleati che mantengono le distanze: il capogruppo dei 5S Stefano Patuanelli chiede ad esempio che vena ritirata la mozione di sfiducia. E a Salvini che chiede lealtà, Di Maio replica: «I veri amici sono sempre leali...», non dunque a corrente alternata - è il ragionamento lasciato in sospeso - come in questi giorni di crisi.
Per non parlare dei dubbi che coltivano in molti nei minuti che seguono l’annuncio del leader della Lega e che riguardano la fattibilità di procedere con una votazione su una riforma costituzionale (oggetto della riunione dei capigruppo alla Camera) nel corso di una crisi di governo e con le urne alle porte. Problema che per Salvini non sussiste: «L'articolo 4 della legge costituzionale» per il taglio dei parlamentari «dice che se nel frattempo vengono sciolte le Camere» quella legge "entra in vigore nella legislatura successiva".
Il leader della Lega fa anche un altro passo: non ritira la delegazione al governo. «Perché mai», risponde ai cronisti mentre raggiunge l’Aula dove poco dopo parlerà. Un intervento interrotto da molte proteste, soprattutto del Pd con il quale si consuma anche un duro botta e risposta del presidente Elisabetta Casellati. La numero uno di Palazzo Madama, finita nel mirino per aver convocato con scarso anticipo i senatori in vacanza, rivendica però di aver difeso la «centralità del Parlamento».
Un Parlamento dove per la prima volta si concretizza un asse fra i Democratici e i pentastellati, che, dice il dem Andrea Marcucci, riesce a battere Salvini con «161 voti": dove porti è la domanda su cui tutti si esercitano e alla quale mancano risposte univoche anche nel partito democratico. L’altro Matteo, Renzi, convoca una conferenza stampa affollatissima e ribadisce la convinzione che sia necessario «mettere in salvo» i conti. Non si «impicca» a formule, insiste più volte pur dando l'impressione di smarcarsi dalla linea del partito. La proposta di un governo di «legislatura e politico» avanzata oggi da Goffredo Bettini e che trova la sponda di Dario Franceschini sarà comunque oggetto della direzione del 21 convocata dal presidente Paolo Gentiloni.
Lì, i Democratici si conteranno e dovranno stabilire una linea da tenere anche quando ci saranno le consultazioni al Colle, che al momento, rimangono lo scenario più probabile. Se il centrosinistra fatica a trovare una sintesi, sono ore di fibrillazione anche il centrodestra continua a registrare molte fibrillazioni. Forza Italia, che teme di essere fagocitata dalla Lega, dice non al listone unico in caso di elezioni anticipate. Cartina tornasole il mancato incontro, annunciato in queste ore, tra Salvini e il Cavaliere.
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