Lunedì 23 Dicembre 2024

Per Conte i nodi del vicepremier e delle quote rosa

L’incarico a Giuseppe Conte, convocato al Colle dal presidente Mattarella per questa mattina alle 9.30, chiude solo la prima tranche della partita a scacchi per il governo. Una partita che ora ha un nuovo giocatore: Conte stesso. Il premier intende avere voce in capitolo nella formazione della squadra per quello che a Palazzo Chigi definiscono un possibile «Conte 2.0». Anche perché, dal Movimento, in queste ore ribadiscono un concetto: «sarà lui a sciogliere i nodi aperti» tra 5 Stelle e Pd. Ma Conte non vuole essere, e non sarà, solo mediatore: l’era del contratto di governo giallo-verde è tramontata e non è escluso che il capo del governo, muovendosi nel sentiero stretto delle pressioni incrociate tra M5S e Dem, indichi anche lui qualche nome, puntando a collocare a Palazzo Chigi uomini fidati. Nel cubo di Rubik della squadra di governo il primo nodo è quello di vicepremier. Nodo che porta ombre sull'intera buona riuscita dell’alleanza Pd-M5S. E il fatto che al Quirinale, al termine delle consultazioni, non sia uscito neppure il segretario generale viene letto, da alcune fonti parlamentari, come una forma di «understatement» del Colle rispetto al possibile nuovo governo. Il pressing dei big del M5S sul premier perché Conte insista, con il Pd, per lasciare Luigi Di Maio vicepremier si è rafforzato. E, in queste ore si sono intensificati i contatti tra Conte e Zingaretti. Nel suo intervento dal Colle Di Maio ricorda un concetto che, in queste ore, più di un esponente pentastellato sottolinea: l’arrivo di Conte a Palazzo Chigi è dipeso, al di là della caratura del capo del governo, da una decisione e della volontà del leader politico del Movimento. Difficile che il premier accetti di avere un solo vicepremier, di colore Dem. Più probabile, come alternativa ai due vice, che il capo del governo scelga di circondarsi esclusivamente di un sottosegretario alla presidenza del Consiglio, individuato tra gli uomini a lui più fidati. Con un rischio: affrontare nei mesi successivi un rapporto teso con il M5S. La difficoltà della trattativa richiede tempo, e Conte oggi lo ha chiesto al Colle, per dirimere i nodi del programma (innanzitutto quelli relativi alla manovra) e dei ministri. Rumors danno come possibile giorno della fiducia al Conte bis lunedì 9 settembre. Il nodo vicepremier porta con sé il rebus dei ministri. I renziani, secondo i quali alla fine il Nazareno potrebbe accettare la formula dei due vicepremier, accreditano un tecnico come Franco Gabrielli al Viminale perché, spiega Renzi ai suoi, una personalità stimata renderebbe merito all’operazione che ha portato alla sostituzione di Salvini. Altro tecnico potrebbe sedere al Mef: con insistenza circola il nome di Salvatore Rossi ma non sono tramontate le ipotesi di Lucrezia Reichlin o di un profilo più politico, come Roberto Gualtieri. Al Mise, in quota Pd, è Paola De Micheli ad essere in pole con Maurizio Martina subito dietro. Ma il dicastero dello Sviluppo Economico è in bilico tra Pd e M5S. Tra i Dem in pole ci sono Dario Franceschini, Andrea Orlando (che potrebbe tornare alla Giustizia), Lorenzo Guerini, e le renziane Teresa Bellanova e Simona Malpezzi. Anche perché, per il futuro governo, c'è anche il nodo quote rosa, fortemente sottolineato anche questa mattina da Nicola Zingaretti. Agli esteri, tra i nomi che circolano, c'è quello di Paolo Gentiloni, in corsa anche per il commissario Ue. Nel M5S Di Maio punta a confermare Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro e individuare comunque uomini fidati, come i capigruppo Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva. Vincenzo Spadafora potrebbe avere un ruolo di primo piano mentre si punterebbe anche alla conferma di Sergio Costa. E Di Maio? Se restasse vicepremier potrebbe tenersi il dicastero del Lavoro o virare alla Difesa. In caso contrario punterebbe a un dicastero pensante. Con un’incognita: optare per restare fuori dal governo. Ma è un’ipotesi neppure contemplata dal leader M5S: la trincea per restare vicepremier non mostra, finora, cedimenti.

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