Conte riavvicina Pd e M5S, decolla la trattativa sul programma ma resta l'incognita ministri
La trattativa sul programma è decollata. Nel lungo vertice a Palazzo Chigi con Giuseppe Conte, Pd e M5S hanno cominciato a sciogliere il grumo che da un giorno stava bloccando il dialogo. E che aveva portato il premier incaricato a ventilare addirittura la possibilità di rinunciare al mandato. Il quadro si è chiarito anche grazie all’incontro al Quirinale che ha aperto una giornata tutto sommata fruttuosa. In un’ora e più di faccia a faccia, Conte ha confidato a Sergio Mattarella tutte le preoccupazioni per le liti fra i promessi alleati. Gli ostacoli restano infatti tanti e si concentrano sempre più sulla composizione della squadra di governo. A far salire la tensione erano stati i venti punti messi sul piatto da Luigi Di Maio, con tanto di richiamo alle elezioni nel caso in cui non fossero stati accolti nei piani del governo, e la reazione del Pd, che aveva definito l’uscita del leader M5S un «inaccettabile ultimatum». Senza considerare che, fin dall’inizio, il confronto è stato scandito dai veti e dai rilanci. D’altronde, la disputa è fra partiti che devono far digerire al proprio elettorato un’alleanza imprevista fino a poco fa. Come nel tiro alla fune, ognuno deve portare l’altro dalla propria parte. In più, i Cinque Stelle guardano non senza ansia al risultato senza appello che uscirà dalla consultazione su Rousseau prevista tra lunedì e martedì. Sui programmi le posizioni si stanno avvicinando. Al vertice di Palazzo Chigi con il premier, hanno partecipato i capogruppo alla Camera e Senato del Pd, Graziano Delrio e Andrea Marcucci, e dei Cinque Stelle, Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli. Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio tessono la tela dietro le quinte, lasciando ai fiduciari le trattative. Zingaretti ha incontrato i suoi al Nazareno, Di Maio ha riunito lo stato maggiore in una casa in centro a Roma. Ufficialmente la nave va ma ancora manca l’incontro tra i leader. Sia il M5S sia il Pd hanno fatto sapere che nell’incontro con Conte sono stati fatti passi avanti. I pentastellati hanno detto di aver ottenuto lo stop agli inceneritori, la revisione delle concessioni autostradali e il taglio dei parlamentari. Mentre i dem hanno sostenuto di aver portato a casa il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori e una nuova legge sull'immigrazione. Ma il vero terreno di confronto sarà chi mettere dove: quanti ministri Cinque Stelle, quanti dem. «Ora Conte - ha scritto il capogruppo Pd Andrea Marcucci - deve e portare al Colle nel più breve tempo possibile una squadra di governo che sia realmente di qualità». Non è un mistero che sia stato proprio questo l'aspetto più spinoso della trattativa, con il Pd inizialmente scettico sul Conte bis e che accusava Di Maio di pretendere poltrone di peso, come quella da vicepremier. Mentre i protagonisti portano avanti le trattative, i comprimari bussano alla porta, forti del contributo che possono dare a Palazzo Madama, dove i numeri non sono blindati. «Le interlocuzioni sul programma sono esclusivamente tra Pd e M5S - ha scritto Pietro Grasso (Leu) - Evidentemente l’intenzione è fare da soli, sia al Governo che in Senato. Auguri». Nel centrodestra Matteo Salvini parla di «governo truffa» e continua a chiedere il voto, chiamando in causa con tono critico anche il Colle. «Presidente Mattarella basta - è la posizione del leader della Lega - metta fine a questo vergognoso mercato delle poltrone, convochi le elezioni e restituisca la parola e la dignità agli Italiani». Forza Italia continua a caldeggiare un'alleanza col vecchio alleato: «Serve un centrodestra unito che possa contrastare il possibile governo delle due sinistre». dice la capogruppo azzurra alla Camera Mariastella Gelmini. E la leader di Fdi, Giorgia Meloni, si rivolge al premier incaricato. «Conte dimostri che i complimenti ricevuti di politico 'serio e rispettoso delle istituzioni' sono meritati - dice - prenda atto che non ci sono più le condizioni per formare un Governo e rimetta l’incarico nelle mani del presidente Mattarella».