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L'appello di Conte a M5s e Pd: "Serve governo forte e stabile". Vicepremier, passo indietro di Di Maio

Giuseppe Conte

La vigilia del voto degli attivisti grillini su Rousseau è stata probabilmente la giornata che segna una svolta decisiva verso la formazione del governo giallorosso. Dopo il vertice tra le delegazioni del Pd e di M5s, il premier incaricato Giuseppe Conte, in una diretta Facebook, si è rivolto direttamente ai militanti pentastellati e, con un accorato appello ha prima ricordato loro che «il Movimento ha sempre detto in modo molto chiaro, prima delle elezioni, che se non avesse avuto la maggioranza in Parlamento, avrebbe realizzato il programma con le forze disponibili a farlo, per cambiare il Paese, senza farne una questione di schieramenti politici», per poi chiedergli «di non tenere in un cassetto queste idee, questi sogni». Questo è il momento di tirarli fuori - ha aggiunto Conte - oggi più che mai ne abbiamo bisogno per disegnare e realizzare il paese che vogliamo».

Quasi contemporaneamente, Luigi Di Maio, sempre su Facebook, affrontava il nodo politico della questione, parlando del ruolo di vicepremier per annunciare, di fatto, una svolta decisiva: «Si è fatto un gran parlare della vicepresidenza del consiglio dei ministri - ha detto Di Maio - e si è detto che la trattativa si era bloccata per questo: ma non è vero. Abbiamo saputo che il Pd ha fatto un passo indietro rinunciando al suo vicepremier e quindi il problema non sussiste più. Noi - ha proseguito Di Maio - abbiamo espresso un concetto semplice: Conte è un premier super partes. Se ci fosse stato un vicepremier del Pd, allora doveva esserci anche per il M5s, così che avessero pari rappresentanza».

In ogni modo, Di Maio, anche se ha utilizzato toni concilianti, non ha dato alcuna indicazione di voto per domani in direzione del «sì», a differenza di Giuseppe Conte, in coerenza con quanto affermato in mattinata dopo aver incontrato a Palazzo Chigi gli esponenti grillini del governo dimissionario, sottolineando che l’esito della votazione online di domani sarà vincolante come lo sono state tutte le votazioni precedenti e spiegando esplicitamente che la nascita del prossimo governo dipenderà dal risultato di questo voto. Consapevoli della posta in gioco, i «partigiani» più in vista di entrambi le posizioni non hanno esitato già nella giornata di oggi a fare l’endorsement a favore del sì o del no. In quest’ottica, la consultazione online sul governo appare anche l’occasione per fare il punto sulle anime interne al Movimento.

Nella fotografia attuale della galassia grillina, la parte leale al vicepremier non appare mossa: con Di Maio restano saldamente i «governativi» Riccardo Fraccaro, Alfonso Bonafede, Giulia Grillo, Vincenzo Spadafora, Manlio Di Stefano, Carlo Sibilia, oltre ai capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli. Impegnati, tutti, a fare in modo che la nascita eventuale del governo giallorosso non si accompagni a un ridimensionamento del ruolo del Capo politico e al congelamento della riorganizzazione di M5s che era a buon punto e che è stata congelata dallo scoppio della crisi.

Sull'altro fronte, anche attorno al presidente della Camera Roberto Fico e all’ala «ortodossa», ben disposta verso un accordo coi Dem da tempi non sospetti, lo schieramento non è mutato: il pressing per un accordo senza «se» e senza «ma» viene sostenuto dal presidente della commissione Antimafia Nicola Morra, da quello della commissione Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia e dai parlamentari Luigi Gallo, Alberto Airola, Doriana Sarli e Federico D’Incà. Tra gli scettici sull'accordo col Pd, in «zona Paragone» ci sarebbero anche il sottosegretario Stefano Buffagni e il socio di Rousseau Massimo Bugani, mentre agli scettici «di sinistra» si possono ascrivere le posizioni di Paola Taverna e del citato Alessandro Di Battista. Scettico, da par suo, viene dato anche Davide Casaleggio. Ma il «fattore Conte», come molti osservano, dopo l’appello di oggi sembra destinato a fare la differenza, anche perchè è opinione comune che il carisma di Conte stia facendo breccia nei gruppi parlamentari grillini, specialmente tra gli eletti più giovani, molti dei quali letteralmnte «folgorati» dal modo in cui il premier ha gestito la crisi e ha risposto al leader leghista Matteo Salvini in Senato lo scorso 20 agosto.

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