La rottura rispetto al passato è soprattutto politica: con l’accordo raggiunto a La Valletta Italia, Francia, Germania e Malta - tre paesi fondatori dell’Ue e uno degli stati membri che subisce maggiormente la pressione migratoria assieme a Roma, Atene e Madrid - mettono le basi per quella che il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, alla sua prima uscita ufficiale, definisce «una vera azione di politica comune europea». Che si fonda sul superamento del trattato di Dublino e su un sistema d’asilo europeo ma, soprattutto, sulla necessità di porre un argine al sovranismo di Salvini e del blocco dei paesi di Visegrad, che sulle questioni legate all’immigrazione hanno raccolto milioni di voti. «Siamo partiti con il piede giusto e ci sono novità rispetto al periodo precedente - sottolinea non a caso proprio Lamorgese al termine del vertice -, c'è un clima di grande collaborazione e la volontà di procedere insieme. Da oggi Italia e Malta non sono più sole: c'è la consapevolezza che i due paesi rappresentano la porta d’Europa». Così come non è un caso che sia Castaner sia Seehofer, che negli ultimi mesi si sono scontrati più volte e anche duramente con il leader della Lega sul tema migranti, parlino di «comune volontà di lavorare insieme» con l’Italia. Plaude pure il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che da New York però avverte: «la redistribuzione non è la soluzione al fenomeno migratorio, la risposta sono i rimpatri, sui quali a breve ci saranno novità, e il blocco delle partenze, per il quale è necessario stabilizzare la Libia». Per il premier Giuseppe Conte l’Italia «non arretrerà di un millimetro» e «non accetterà alcun meccanismo che possa risultare incentivante per nuovi arrivi. A Malta - ha proseguito - è stata compiuta una svolta, avviando un percorso che prefigura il giusto approccio europeo, secondo cui chi sbarca in Italia sbarca in Europa». Le novità nell’intesa sono riassumibili in 4 punti, anche se le buone intenzioni mostrate sulla terrazza del forte Sant'Angelo di Malta sono ancora tutte da dimostrare. La prima e più importante è la redistribuzione dei «richiedenti asilo": significa che tutti i migranti salvati dalle navi delle ong e da quelle militari verranno distribuiti nei paesi Ue prima di presentare la domanda d’asilo. Saranno dunque i paesi d’accoglienza e non di approdo a farsi carico dell’esame delle domande e dei rimpatri. Un sistema che «aggira» il Trattato di Dublino dice Lamorgese. Il collega tedesco Seehofer è più esplicito: «il meccanismo di emergenza aprirà la strada alla revisione della politica comune europea d’asilo. Senza questo accordo, la revisione di Dublino non sarebbe mai possibile». Gli altri tre punti riguardano la distribuzione obbligatoria, tempi rapidi per il ricollocamento, che la bozza individua in 4 settimane, e la rotazione «volontaria» dei porti di sbarco. Come poi questo accordo si tradurrà nella realtà è ancora tutto da decifrare, tanto che l’Arci parla di un «buco nell’acqua». La bozza su cui è stata trovata l’intesa dovrà passare per il vertice dei ministri dell’Interno l’8 ottobre a Lussemburgo, senza contare che finora i paesi Ue che hanno accolto su base volontaria in almeno un’occasione i migranti salvati sono stati soltanto 15 su 28, più la Norvegia (paese associato Shenghen). Ma non solo: la linea ribadita a Malta è quella di trovare una formula per 'punirè quei paesi che diranno no ma nel testo non si fa riferimento a sanzioni né ad eventuali tagli di fondi, ipotesi comunque più probabile. «Il nostro obiettivo ambizioso è di ampliare il più possibile il numero dei paesi disposti ad accogliere. La bozza va nella giusta direzione e abbiamo sciolto nodi politici complicati" dice Lamorgese facendo capire chiaramente che ci vorrà comunque tempo: «ogni giorno ha la sua pena e questo è un buon giorno». E prima di lasciare Malta il ministro trova anche il modo di far sapere a Tripoli che l’Italia non abbandonerà il governo di Serraj, nonostante le ong continuino a chiedere che venga sospesa ogni collaborazione. «Gli accordi con la Libia li teniamo - dice - stiamo lavorando bene con la Guardia Costiera, che fa un gran lavoro».