Una sconfitta netta, che assomiglia ad una disfatta. L'Umbria si colora di blu e ha, come nuovo presidente Donatella Tesei.
Il vantaggio di Tesei, quando mancano ancora una quindicina di sezioni, si è consolidato intorno a 20 punti il vantaggio: 57,4% su Vincenzo Bianconi, 37,5, centro sinistra.
È il quadro delineato dai dati del ministero dell'Interno. Riguardo ai partiti la Lega è al 36.9%, Fratelli d'Italia al 10,4% e Forza Italia al 5,47. Il Pd si attesta invece al 22,4%, il M5s al 7,4.
È la vittoria, soprattutto, di Matteo Salvini: la sua Lega viaggia al 37% a distanza ormai siderale da FI, che scende quasi al 5%, quasi doppiata da Fdi. È il crollo, soprattutto, del M5S: il Movimento piomba sotto l'8%, quasi la metà dei voti presi in Umbria alle Europee.
"È una lezione di democrazia, qualcuno a Roma avrà da riflettere", gioisce, a Perugia, il leader leghista. Altissima l'affluenza, al 64,4%, nove punti in più rispetto al 2015. Del resto, nel Giardino d'Italia ci hanno messo la faccia tutti i leader nazionali e, sul finale della campagna, anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, protagonista della foto di Narni con Luigi Di Maio, Nicola Zingaretti e Roberto Speranza.
Una reunion che, evidentemente non ha pagato. "Il primo voto vero ha dimostrato che gli italiani non apprezzano il tradimento. Qualcuno al governo deve ritenersi abusivo già questa notte", attacca Salvini bollando come un "omino" Conte per aver, a parere del leader della Lega, minimizzato l'importanza del voto in Umbria dicendo che non è un test per il governo.
"Il centrodestra ha il diritto e il dovere di governare il Paese", gli fa eco Silvio Berlusconi mentre Giorgia Meloni incalza: "Fossi in Conte rassegnerei le dimissioni più velocemente della luce. Se avessero un po' di dignità non arriverebbero a domattina". La sconfitta rischia di porre una pietra tombale sulla l'alleanza M5S-Pd. Il governo non è in discussione, e ciò viene ribadito sia dai Dem sia dal Movimento. Ma sulle Regionali 2020 la sensazione è che Di Maio voglia tornare all'antico, a cominciare da Emilia Romagna e Calabria. Anche perché l'alleanza con il Pd non ha pagato né per la coalizione di governo né per il Movimento che ha preso meno della metà dei voti dei Dem. "Il patto civico per l'Umbria lo abbiamo sempre considerato un laboratorio, ma l'esperimento non ha funzionato.
Questa esperienza testimonia che potremo davvero rappresentare la terza via solo guardando oltre i due poli contrapposti", si legge in un post del M5S su facebook che assicura, comunque, come al governo "si rispetteranno gli impegni". Ma il rischio è che già nelle prossime ore Di Maio torni nel mirino dei malpancisti, dagli ex ministri come Lezzi a Grillo a chi non ha mai digerito il Conte 2 a chi, infine, vorrebbe una rivoluzione nella leadership.
In Calabria ed Emilia-Romagna è molto difficile che il M5S accetti un nuovo patto con il Pd che vedeva, già prima dell'Umbria, un ampio scetticismo nella base e tra i parlamentari. "E' una sconfitta netta" ma il "risultato conferma, malgrado scissioni e disimpegni, il consenso delle forze che hanno dato vita all'alleanza", è il commento di Zingaretti. Tradotto: rispetto alle Europee i Dem hanno tenuto e nonostante la scissione di Matteo Renzi che, per ora, non commenta la sconfitta.
Zingaretti frena anche le polemiche interne al governo, facendo implicito riferimento anche al M5S. "Rifletteremo molto su questo voto e le scelte da fare, voto certo non aiutato dal caos di polemiche che ha accompagnato la manovra economica del Governo", spiega il segretario Dem. Che, nelle prossime ore, potrebbe avere a che fare anche lui come Di Maio, con il malumore interno.
"La sconfitta non ha ripercussioni sul governo ma impone una riflessione sulle alleanze", spiega Andrea Marcucci. E Matteo Renzi? Non commenta ma è possibile che da Italia Viva bollino come un errore la foto di Narni. Quella foto che li ha visti assenti. Ed è un'assenza che, nei Dem, non vorrebbero fosse replicata in Emilia-Romagna, dove i candidati renziani dovrebbero essere inseriti nella lista Bonaccini, senza simbolo.
Lo tsunami leghista riaccende anche la battaglia interna alla coalizione del centrodestra, con una FI che rischia di subire una vera e propria diaspora, in direzione Fdi da un lato e Italia Viva dall'altro. E proprio Meloni torna a chiedere delle primarie interne per la leadership del centrodestra. Primarie? "La Lega è al 40%, mi sembra che gli italiani hanno già deciso", chiude Salvini.
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