Dopo un anno, Luigi Di Maio rilancia la vecchia battaglia pentastellata contro l’apertura domenicale degli esercizi commerciali, consentita dalle liberalizzazioni del governo Monti. Sulla carta l’intento è tutelare i piccoli esercizi, che - spesso privi di personale oltre al titolare - non riescono a reggere la concorrenza dei grandi centri. Per Confcommercio, interpellata dall’Agi, si tratta però di un falso problema e sono altri gli interventi necessari a risollevare un comparto "massacrato da nuove imposizioni fiscali".
"Dopo il decreto Dignità e il decreto Riders, dobbiamo andare avanti come governo nella tutela delle persone che lavorano, come nel caso delle partite Iva e dei lavoratori dipendenti degli esercizi commerciali che, a causa delle liberalizzazioni, sono sprofondati nella giungla degli orari di apertura e chiusura, cercando invano di battere i centri commerciali, rimanendo aperti 12 ore al giorno e 7 giorni su 7" scrive su Facebook, a proposito del decreto Imprese, il capo politico del M5S.
Critica la reazione delle opposizioni. Il segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova, ha parlato di "un altro attacco populista ad alzo zero contro la libertà economica: il suo diktat contro la liberalizzazione degli orari e contro la grande distribuzione è il portato dell’ideologia della decrescita del M5S". "Ancora una volta una logica oscurantista, contro i commercianti, contro gli artigiani, contro i liberi professionisti, contro le piccole imprese. Di Maio vuole abbassare la saracinesca all’Italia che produce", afferma Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera. Sarcastico il tweet di Matteo Salvini, che lancia l’hashtag 'incapaci al governo': "Di Maio non vuole i negozi sempre aperti? Tranquillo Gigi, con tutte le tasse che tu, Conte e Renzi state mettendo, almeno questa promessa la manterrai".
Il tema delle aperture domenicali degli esercizi commerciali "non è un vero problema» e sono altri i punti su cui il governo deve intervenire per sostenere un settore che "è stato massacrato con nuove imposizioni fiscali", sottolinea all’Agi Enrico Postacchini, membro della giunta di Confcommercio con delega alle politiche commerciali. La questione, ricorda Postacchini, non riguarda i lavoratori dipendenti, che hanno un contratto che li tutela nel lavoro festivo, con maggiorazioni straordinarie e recuperi, bensì i titolari dei negozi più piccoli, che non hanno personale e non riescono a stare aperti 7 giorni su 7. Nondimeno, aggiunge, "non può passare il messaggio che per sopravvivere io dobbiamo stare tutti chiusi, non sarebbe onesto, servono le stesse regole per tutti e interventi seri per un settore che dopo le liberalizzazioni è stato massacrato con nuove imposizioni fiscali".
"Con la fattura elettronica e tutta una serie di altri passaggi le piccole aziende hanno dovuto sborsare di più, e in un momento in cui il mercato regredisce", spiega Postacchini, "non è che per farmi recuperare allora mi fai stare chiusi i grandi centri commerciali per farmi stare contento, non è questa la soluzione e il tema non è manco molto interessante". Le soluzioni vere che chiede Confcommercio stanno invece nelle "politiche attive", ad esempio «una vera web tax, maggiori fondi per gli investimenti nella digitalizzazione e una vera riqualificazione urbana con interventi nella mobilità che mettano al centro le politiche commerciali». Postacchini lancia quindi un appello al governo perché, sulla base dei documenti presentati dalle associazioni di categoria, riprenda il filo del confronto facendo partire le audizioni ad hoc delle quali era stata annunciata la convocazione.
Caricamento commenti
Commenta la notizia