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La ministra De Micheli: "Così riparte il Sud, in Sicilia ci sono i soldi ma non si spendono"

Paola De Micheli

È conosciuta universalmente come una “secchiona”. Carattere non facile, poco incline a essere una “piaciona”, preferisce contare fino a dieci prima di parlare. Ci riferiamo alla 46enne piacentina Paola De Micheli, il terzo ministro della Repubblica che incontriamo. Ci riceve in Porta Pia, nella sede del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

«Chi gliel’ha fatto fare?», le chiedo. «La passione e anche un certo senso di sfida. Sono la prima donna della storia che fa il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Mi sono laureata in Scienze Politiche e poi ho fatto il commissario del terremoti. Qualcuno mi giudica male, altri bene. Dico solo che ho aperto 2500 cantieri. Mi è sempre piaciuto il treno e ho lavorato come sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell'Economia e delle Finanze».

Quello delle infrastrutture è un universo che, si percepisce sul serio, la coinvolge. E la capiamo, poiché nessuna ripresa economica si è mai realizzata prescindendo da un rilancio delle grandi e medie opere, come dimostra la storia stessa del nostro Paese.

Inevitabile una riflessioni a caldo sulle elezioni in Emilia Romagna e in Calabria.

«Credo che una delle chiavi dell’affermazione del Pd che comunque anche se il nostro candidato Callipo ha perso, comunque ha tenuto come partito, sia la volontà rinnovata di occuparsi delle persone, dei loro bisogni, ascoltando con umiltà senza rinunciare a un po’ di orgoglio che viene dalla nostra storia».

Torniamo al suo dicastero.

«È un mondo con mille sfaccettature. Che non finisci mai di conoscere. Quello dei porti, per fare solo un esempio, è un settore chiave della nostra economia: nel mar Mediterraneo passano 450 miliardi di merci. Queste “circolazioni” rappresentano una grandissima occasione di crescita e sviluppo. Sto pensando nei prossimi mesi di programmare una presentazione pubblica nazionale e internazionale dedicata agli investitori riguardante tutti gli snodi chiave degli investimenti che abbiamo programmato, e focalizzata soprattutto sul Sud».

Per questo Sud cosa si può fare concretamente? Ribatte decisa:

«Concretamente possiamo fare l'alta capacità (ndr: linea ferroviaria ad alta capacità è una struttura dotata di particolari meccanismi di controllo del traffico tali da permettere una superiore frequenza di passaggi e una maggiore velocità rispetto a quella convenzionale) Reggio Calabria-Salerno. In pratica metteremo sul tavolo tre miliardi puntando tutto sull’upgrade tecnologico dell'attuale linea. Per capirci, non sarà necessario fare buchi, trafori o gallerie. Che, tradotto, vorrebbe dire che nella tratta fra Reggio e Roma andremo più velocemente che da Torino a Roma a parità di chilometri. Inoltre – insiste – sono in cantiere 597 milioni di adeguamento tecnico della linea che va da Melito a Sibari, non saremo a livelli di Alta Velocità ma supereremo a 200 km all'ora. Già a giugno 2030 dunque partiranno due treni: Reggio-Roma e Reggio-Venezia con materiale rotabile ETR 600».

Il problema, però, sono anche gli aeroporti. Reggio sta per chiudere e Crotone non è mai ripartito.

«Sto per aprire il tavolo sul nuovo piano aeroporti, mi sono data un timing che va da febbraio a giugno con lo scopo unico di restituire a Reggio Calabria e Crotone una funzione precisa di circolazione e di promozione dei territori».

Parliamo della Sicilia...

«Allora, in Sicilia noi abbiamo approvato una norma che commissaria tutte le strade provinciali perché ci sono i soldi e purtroppo non vengono spesi. A marzo nominerò un commissario competente sulle strade provinciali e anche sulla Ragusa-Catania, altra opera che è pronta per essere sbloccata. Uno dei miei obiettivi è favorire la realizzazione di porti verdi dotati di un sistema di elettrificazione delle banchine. La prima sperimentazione vorrei attuarla proprio a Trapani, che fa riferimento all’Autorità Portuale di Palermo».

Passiamo alla sfera privata. Lei è madre e ministro: difficoltà di gestione? Sensi di colpa?

«Dal punto di vista organizzativo ho cercato di stabilizzare la vita di mio figlio Pietro, che ha quasi quattro anni, il più possibile, nel senso che lui dal martedì al venerdì frequenta la scuola materna pubblica qui a Roma, quindi non lontano dal Ministero. Dopo l’asilo, alle quattro del pomeriggio viene qui, magari disegna, gioca, scartabella mentre io lavoro. Sensi di colpa? La verità è che la trasformazione, la crescita di un bambino di quest’età è talmente bella, miracolosa e stupefacente che non ho un senso di colpa riguardante l’affetto e la mia attenzione nei suoi confronti. Più che altro, talvolta mi manca avere la possibilità di vedere queste trasformazioni più nel dettaglio, però cerco di fare il possibile. Per esempio, poco tempo fa dovevo andare in Sicilia, a Palermo, per un convegno importantissimo dell’autorità portuale, ci tenevo moltissimo, ma mio figlio aveva la recita di Natale e quindi a Palermo non sono andata. Mi avranno odiata, c'erano un sacco di persone che arrivavano. Recupererò sicuramente».

Lei ha uno stile opposto a quello di Salvini nel comunicare.

«Non amo la finzione, preferisco la genuinità, proprio per come sono fatta. Anche con i suoi lati talora meno gradevoli».

Tornando al Sud: per il Meridione, più che fare le solite grandi promesse, servirebbero anche due-tre cose, ma fatte bene e concretamente.

«Io non faccio promesse. Lavoriamo per i grandi cantieri, ma vogliamo risolvere anche tutte le problematiche che ci sono nei singoli territori. Ad esempio, in Calabria, mentre apriamo il megalotto della 106 jonica da un miliardo e tre, sbloccheremo piccoli cantieri di adeguamento sulle altre statali».

Il Partito democratico dovrebbe stare più sul territorio...

«Non è vero che siamo distanti. Siamo sempre sui territori anche e soprattutto quando non siamo in campagna elettorale e forse per questo fa meno rumore. Ci sono cose importanti da fare come governo e ciascuno di noi sta tra le persone in un modo nuovo, quotidiano, anche da ministri. Credo molto nel valore della sobrietà. Stare vicino alle persone, noi lo facciamo, ma certo possiamo e dobbiamo migliorare».

Senta, il sessismo lo avverte?

«L’ho avvertito tantissimo, più vai su più c’è».

Alla fine anche certe battute trasudano sessismo, penso ad Amadeus...

«Anche se gli fosse venuta senza nessun obiettivo sessista, l'effetto non è stato gradevole».

Anche da ministro le è capitato di avvertire pregiudizi?

«È capitato che nel corso di una riunione dominata da dirigenti uomini, spesso l’interlocutore quando parlava di questioni tecniche tendesse a guardare l'uomo e non me. Ma quando ho cominciato a rispondere sul piano tecnico, alla terza risposta quello stesso interlocutore ha iniziato a guardare anche me. Per capirci, ci vogliono tre risposte tecniche del ministro per fare capire agli interlocutori che è il ministro, ancorché donna, che decide, anche se ovviamente si avvale di competenze straordinarie come quelle di cui mi avvalgo io».

Corteggiamenti, in passato, apprezzamenti non graditi, battutacce?

«Battute e allusioni finché si vuole. Consideri che sono arrivata giovanissima in Parlamento, avevo 34 anni».

Quasi una ragazzina.

«Devo dire che la mia “emilianità” mi è servita perché ho sempre reagito a questa situazione con grande ironia e un simile atteggiamento spiazza sempre l’interlocutore».

Cioè, tipo che fa finta di non capire o fa la battuta?

«O mi guardo indietro come a dire “forse ti rivolgevi a qualcun altro?”».

Cucina?

«Sì molto. Ho fatto la cena dell'ultimo dell'anno poi ho anche servito a tavola e i miei commensali erano miei amici e qualche parente. Avevo 12-14 persone e mi dicevano “Quando mai mi ricapita che un ministro mi serva a tavola”. In realtà è una cosa che mi piace fare sempre, soprattutto i fine settimana».

Perché l'aiuta anche un po' a svagarsi no? E magari non solo piatti emiliano-romagnoli.

«Sì, di tutto. Ogni tanto tento qualche sperimentazione, ad esempio sulle guide di cucina che mi regalano quando vado in giro per i territori dove c’è una tradizione culinaria importante come in Sicilia e Calabria. Provo a seguire le ricette, qualche volta mi vengono, qualche volta no. Vado più sui miei piatti forti, amo il risotto coi funghi delle montagne piacentine».

La sua situazione sentimentale?

«Sono sposata felicemente, dopo un lungo fidanzamento, con un uomo di grandissima pazienza e intelligenza che ha tre anni più di me, 49. Ho avuto prima di lui qualche fidanzato per il quale le cose sono finite perché c’era competizione. Mi volevano bene ma erano troppo in competizione con me. Penso che competere sia una forma di energia spesa male. Non la pratico con gli uomini e tantomeno con le donne. Non rientra nella mia natura pragmatica che intravvede nei propri simili persone da conoscere e quindi valorizzare».

Criminalità organizzata: grandissimo tema, molto sentito...

«L’altra sera in Calabria, quando ho annunciato a Corigliano-Rossano l’apertura, prevista per la prima decade di marzo, del cantiere del terzo megalotto della Statale 106 Jonica da un miliardo e centotrentacinque milioni, ho detto una cosa che ha ricevuto un minuto di applausi: ho detto “proteggiamo il cantiere”, il cantiere è ricchezza, è futuro. E mi riferivo anche alle infiltrazioni mafiose, ma non solo. Il lavoro, i lavoratori vanno protetti».

Due parole sulla Calabria...

«La Calabria ce la può fare e ha tutte le caratteristiche necessarie. L’indole naturale dei calabresi è la gentilezza e l’accoglienza. E sono dei grandi lavoratori. Bisogna tramutare questo spirito anche in una opportunità. Il salto di qualità lo si può fare solo col turismo e per questo, ovviamente, ci vogliono le infrastrutture che funzionano: strade, aeroporti e porti. Ma come sta svoltando Gioia Tauro, può svoltare tutta la Calabria».

Cosa farà da grande?

«La politica intesa come servizio è la mia passione. Mi piacerebbe continuare con questo lavoro. Detto questo vengo dal mondo aziendale, dal quale sono in aspettativa, quindi un mestiere ce l'ho. Decideranno gli elettori e il mio partito».

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