Le Regioni vanno ancora in pressing per chiedere che già lunedì sia consentito ai negozi di riprendere le attività, ma il governo frena e ribadisce la linea: prima del 18 maggio non si riapre nulla, perché servono almeno due settimane per valutare gli effetti sulla curva del contagio dell’allentamento delle misure deciso con il Dpcm del 4 maggio.
Quello che sulla carta è l’ennesimo scontro tra esecutivo e amministrazioni locali, però, è in realtà un gioco delle parti in cui sia le Regioni sia il governo hanno trovato il compromesso. Le prime, nonostante le parole di Massimliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia), Giovanni Toti (Liguria) e Luca Zaia (Veneto), pronti ad aprire tutto l’11, non forzeranno la mano; l’esecutivo, che aveva previsto l’apertura di bar, ristoranti e parrucchieri il 1 giugno, anticiperà la data al 18 maggio.
Giorno in cui, grazie al protocollo tra Governo e Cei, ripartiranno anche le messe. Tutto risolto, dunque? Ancora no, perché ad influire - e molto - sulla decisione finale saranno i dati: se dal monitoraggio dovesse emergere una risalita dell’R con zero e degli altri parametri indicati nella circolare del ministero della Salute per valutare l’indice di rischio, tutto il discorso sulle riaperture andrà rivisto.
Viceversa, se i numeri saranno positivi, si procederà secondo il programma prestabilito e illustrato dal ministro delle Autonomie Francesco Boccia in Conferenza Stato Regioni e appoggiato anche dall’Anci, l'Associazione dei Comuni, con i sindaci che hanno rinunciato anche ad alcuni loro poteri e prerogative per rispettare le linee guida nazionali. A partire da lunedì 11 maggio ci sarà l’esame dei dati da parte del ministero della Salute e degli esperti dell’Istituto superiore di Sanità e in base a quelli, ha spiegato Boccia, dal 18 maggio saranno «possibili differenziazioni regionali nelle riaperture, anche in base alle linee guida dell’Inail».
Significa che le misure saranno allentare non in maniera uniforme a livello nazionale ma si interverrà su base regionale a seconda di quel che dicono i dati. Su questo, comunque, governo e regioni avrebbero trovato un ulteriore accordo: l'esecutivo - come chiesto dai governatori - sarebbe infatti disponibile a concedere dal 18 maggio in avanti una sorta di 'liberalizzazione' delle decisioni sulle riaperture successive.
Un punto, questo, che la Conferenza delle Regioni ha messo nero su bianco nell’ordine del giorno inviato al governo: «Chiediamo che entro il 17 maggio venga adottato un nuovo Dpcm con il coinvolgimento delle Regioni per consentire alle Regioni stesse di procedere autonomamente, sulla base delle valutazioni delle strutture tecniche e scientifiche dei rispettivi territori, a regolare le riaperture delle attività».
A sostegno della loro richiesta di far ripartire da lunedì i «settori del commercio al dettaglio», i governatori hanno poi sottolineato come siano già stati «già sottoscritti e in corso di sottoscrizione i protocolli per l’individuazione delle misure di sicurezza con le parti sociali a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici in tutti i settori economici». Precisazione che, come ha ribadito Boccia, non cambia la sostanza delle cose, non solo per i motivi legati al monitoraggio dei dati ma anche perché il Comitato tecnico scientifico - di cui fa parte l’Inail - sta ancora lavorando proprio alle 'regole' per bar, ristoranti, negozi.
Nelle prossime ore inoltre, gli esperti inizieranno a valutare la bozza del protocollo inviato dal ministero dell’Istruzione e contenente una serie di misure per il rientro a scuola a settembre: utilizzo di mascherine, orari differenziati di ingresso (classi diverse ogni 15 minuti), possibilità di misurare la temperatura agli studenti, percorsi protetti e obbligati all’interno degli istituti, sanificazione di tutti gli ambienti e in particolare mense, bagni e palestre, divieto di accesso agli estranei, genitori compresi.
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