Domenica 22 Dicembre 2024

Crisi di governo, strada in salita al Senato per il voto su Bonafede

La crisi di governo, come nella scena madre di un film di Sergio Leone, è giunta allo stallo messicano, in cui tutti i contendenti si puntano reciprocamente le pistole senza che alcuno possa prevalere. I vertici Dem, infatti, ribadiscono il no al rientro di Iv nella maggioranza, ma aumentano i parlamentari Pd che non sono disposti a «morire per Conte», mentre questi non è a sua volta disposto alle dimissioni e al reincarico per un Conte ter, non potendo tuttavia contare sull'arrivo in tempi stretti di nuovi "volenterosi». Uno stallo che potrebbe saltare sulla relazione del ministro Bonafede alle Camere, sui cui il governo rischia di essere bocciato, tanto che è ormai probabile slittamento a giovedì per guadagnare tempo. Uno scenario fluido che mette in moto le mosse di Forza Italia e dei centristi che rilanciano il Governo di unità nazionale.

Bonafede non molla. Fronda Pd-5S, no voto. FI fibrilla su dialogo

Contarsi di nuovo in Aula, registrare una maggioranza numerica anche su un tema divisivo come la giustizia. Giuseppe Conte sembra aver imboccato questa via. C'è ancora chi gli consiglia di dimettersi prima del voto in Senato sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede, per provare a incassare un «ter». Ma senza aver stretto prima un patto politico per una nuova maggioranza, il passaggio sarebbe assai pericoloso. Dunque, si va alla conta. C'è in maggioranza la consapevolezza che dopo una sconfitta in Aula difficilmente il Quirinale potrebbe lasciare che il governo - e il suo premier - vadano ancora avanti come fatto fino a oggi. Ma la scommessa è che i numeri - magari complici alcune assenze in FI e una nuova astensione di Iv - ci saranno. Dopo, potrebbe aprirsi il "giro di valzer" finale per allargare la maggioranza ai moderati di centro, ad (almeno parte di) Forza Italia e a una pattuglia di renziani di Italia viva. I numeri (e i nuovi gruppi) per andare avanti e arrivare a fine legislatura oggi non ci sono. Lo testimonia il fatto che al Senato si rischia di non avere i voti neanche per far slittare da mercoledì a giovedì il voto sulla giustizia. Lo registra il Pd, lo segnalano i timori crescenti tra i parlamentari di maggioranza. Non si può rischiare - inizia a trapelare dalle fila Dem e pentastellate - di precipitare verso le elezioni per il veto posto da Conte, ma anche dai vertici Pd e M5s su Matteo Renzi. Goffredo Bettini e Andrea Orlando in due assemblee locali Dem rassicurano che non è quello l’obiettivo, ma aggiungono che rischia di essere l’esito. Lo dice lo stesso Silvio Berlusconi, citando le scelte cui sarà chiamato il presidente Sergio Mattarella. Ma la scommessa del leader di Iv è che proprio per evitare il voto, inizi presto a vacillare la linea del Nazareno e dei vertici M5s secondo cui non c'è alternativa a Conte. Renzi ha deciso in questa fase di tacere e Iv ufficialmente non ha ancora scelto una linea: se arriveranno segnali positivi dal governo, c'è chi non esclude di astenersi. Ma secondo chi ha sentito il leader di Iv l’orientamento sarebbe il No alla relazione di Bonafede, perché è un voto «sul ministro non sul governo». A quel punto per Conte si aprirebbe una sfida rischiosa perché i numeri, è il ragionamento, potrebbero essere assai risicati o mancare: anche i più dialoganti del centrodestra, da Fi, a Cambiamo e Udc, non possono votare a favore, Sandra Lonardo potrebbe astenersi e un ex M5s Lello Ciampolillo, che contro il ministro si schierava in passato, avrebbe difficoltà a dire Sì. Dalla maggioranza fanno un ragionamento diverso: non solo la linea del No potrebbe spaccare Iv - di qui una possibile virata verso l’astensione - ma alcune assenze "tattiche" in FI renderebbero il passaggio meno problematico del previsto, perché non serve una maggioranza assoluta. Dal M5s negano che, come ipotizza qualcuno anche tra i Dem, Bonafede possa dimettersi prima della relazione. E gli uffici del ministro starebbero lavorando a una relazione che non tocca temi come la prescrizione ma pone al centro i fondi del Recovery fund e anche le riforme che l’Europa ci chiede, a partire da quelle già incardinate in Parlamento. Nella bozza del Recovery, dicono fonti vicine al ministro, i fondi per la giustizia sono saliti da 750 milioni a 2,750 miliardi: ben 2,3 miliardi dovrebbero andare ad assunzioni. Votare contro la relazione sarebbe - è il ragionamento - votare contro il Recovery fund. Basterà? Conte sembra pronto a verificarlo in Aula, per poi aprire la partita finale con i moderati di centro, magari passando da dimissioni e Conte ter, con la prospettiva di un’alleanza antisovranista. Non sfuggono al premier le pressioni di parte degli azzurri per le larghe intese. I gruppi di Fi, raccontano fonti di centrodestra, sarebbero in queste ore solcati da forti fibrillazioni, per la linea portata al Colle da Tajani con Salvini e Meloni, del voto anticipato. Ecco perché, raccontano, Berlusconi decide di intervenire con una nota, a sottolineare le larghe intese come via proposta da Fi, ma rifiutata da Pd e M5s. La spinta dei moderati, da Gianni Letta a Mara Carfagna e Renato Brunetta, sarebbe quella di farsi promotori dell’unità nazionale, in nome della responsabilità. Se gli alleati di centrodestra rifiutassero le larghe intese, c'è chi propone una maggioranza Ursula con Pd e M5s (e magari anche con Iv). Impossibile con Conte premier, dice Tajani. Ufficialmente nessuno si dissocia. Ma i contiani tengono aperto il dialogo con gli azzurri: che centristi e un gruppo di forzisti passino in maggioranza, è una via non ancora chiusa. Goffredo Bettini in giornata ha ribadito il «niet» al rientro in maggioranza di Italia Viva, o meglio di Matteo Renzi. Per l'esponente Dem «ci rimane soltanto di cercare nelle prossime ore di costruire un gruppo politico dentro il Parlamento che non sia un recipiente vuoto di idee per mettere insieme transfughi, ma che sia una cosa che politicamente esiste ed è fortissima». E se non ci si riesce, ammonisce, si scivola verso le urne. Dopo le contestazioni a tale linea venerdì da parte di alcuni senatori Dem di spicco, in giornata è stata Marianna Madia a farsi portavoce di un malcontento diffuso tra i gruppi, innanzi tutto per la parte che sta giocando Bettini, che non ha alcun ruolo ufficiale nel Pd. L’ex ministro della PA ha dunque sollecitato la convocazione della Direzione, chiedendo di tentare di riformare una maggioranza politica con Iv (Teresa Bellanova ha rinnovato la disponibilità al dialogo), in luogo di puntare ad una solo numerica con i «volontari». Madia ha avvertito che «se Conte non dovesse farcela le scelte del PD non si possono risolvere a colpi di dichiarazioni», ma piuttosto occorre pensare ad altre vie «percorribili». Sta di fatto che ad oggi, come conferma Bruno Tabacci, di nuovi responsabili non si vede l’ombra, ed anzi i voti in Senato potrebbero scemare mercoledì, o giovedì, prossimo quando si dovrà votare la relazione sulla Giustizia del ministro Alfonso Bonafede. Una dei «volenterosi», Sandra Lonardo, ha dichiarato che ripeterà il «no» dell’anno passato e, dice Paola Binetti, altrettanto faranno i tre dell’Udc. Quindi se Italia Viva dovesse votare contro Bonafede, il governo «andrebbe sotto». Di sicuro, dice Binetti, "mercoledì comincia un’altra storia», con le forze moderate pronte a entrare in campo in caso di caduta del governo.

Orlando (Pd): "A Bonafede chiedo apertura, non rivendicazioni"

«Il segnale che chiedo a Bonafede è quello di una relazione di apertura alle forze a cui si chiede di dialogare, una relazione che non sia solo di rivendicazione sull'operato del passato». Così il vicesegretario del Pd Andrea Orlando spiega le sue parole sulla necessità di «un segnale» mercoledì prossimo in Parlamento da parte del Guardasigilli nella sua relazione. «Abbiamo detto - sottolinea - che vogliamo aprire la maggioranza alle forze che condividono il nostro europeismo; anche nella giustizia si può proporre un impianto europeista. Il segnale potrebbe essere un’apertura anche al contributo degli interventi che ci saranno in Aula, oltre alla relazione di Bonafede».

Verini (Pd): "Tempi rapidi per processi civili"

«Le comunicazioni del Guardasigilli possono essere un’occasione «per aprire una fase nuova. Mentre nel Recovery si prevedono investimenti mai visti, il Parlamento può e dovrebbe accompagnarli con riforme del civile e del penale che sono davvero alla portata. Che possono portare in tempi certi a un traguardo epocale: tempi rapidi per i processi civili e tempi ragionevoli - sei anni - per i tre gradi dei processi penali». Così il deputato Pd Walter Verini, che continua: «Se si definissero tempi certi per questi traguardi, se si stabilissero rapporti collaborativi con le opposizioni, se, insomma, tutti smettessero di usare la giustizia come una clava, ne perderebbe lo scontro partitico, ma ne guadagnerebbe il Paese», ha aggiunto Verini secondo il quale "ha ragione Orlando: è auspicabile che fin dalla relazione del Ministro si diano segnali importanti in questa direzione e che le forze politiche responsabili facciano altrettanto».

Nencini: "A maggio votai contro la fiducia a Bonafede. Difficile cambiare idea ora"

"Cosa mi aspetto dal voto su Bonafede? Non so ancora se si voterà mercoledì o giovedì, so che ho chiesto al Ministro la sua relazione, ma non l’ho ancora ricevuta. A maggio però votai contro la fiducia a Bonafede ed è difficile che passi a un voto esattamente opposto. Non c'è stata calendarizzazione della riforma del processo penale, riforma del Csm e del fine processo mai". Lo ha dichiarato Riccardo Nencini, presidente del PSI, a SkyTg24 Agenda.

leggi l'articolo completo