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Se la partita giocata da Renzi rimane incomprensibile

Qualcuno ha scritto che un crimine non ancora commesso sta soltanto attendendo l’esecutore; allo stesso modo una rivoluzione non ancora attuata aspetta soltanto chi accenda la fiammella dopo aver raccolto i seguaci, pronti. La “realtà” – di questo si tratta – non è un ordine a noi esterno e estraneo; c’è chi, tra presente e futuro, innesta semi buoni e sparge saggezza, chi invece piazza mine e inietta veleni, e tutto ciò vive ipso facto nel “reale”, anche se sfugge inizialmente allo sguardo collettivo, poiché invisibile come il più subdolo dei virus. Crimini e rivoluzioni sono già nelle cose. Già “reali” anche se non ce n’accorgiamo subito.
L’obiettivo di un eccelso giocatore di scacchi, la sua idea di trasformazione del mondo, il destino personale e della partita – ogni volta giocata come se fosse l’ultima – sarà chiarito solamente quando si profilerà alla luce: quando “le mosse di prima” saranno finalmente comprensibili innanzi alla “visione del dopo”. Quando apparirà l’esito (“reale”) di tanta sofisticata congettura. Lo scacco matto – scopriremo – era già nelle cose, anche se non ce n’eravamo accorti.
Qual è l’obiettivo di Matteo Renzi? Perché ha abbandonato governo e maggioranza? Quale esito (“reale”) credeva, tra i vari, che avrebbe avuto la sua mossa?
Da Renzi, prima dello strappo, rilievi – condivisibili – sul Recovery Fund, appelli a proposito del Mes e del Copasir, legittime osservazioni sui troppi Dpcm di Conte. Temi caldi, roventi, infine esplosivi che hanno preparato il terreno alla crisi a orologeria, già pianificata. Da tempo, è la sensazione. Fin dall’inizio, è il sospetto. Fin dal mojito di Salvini, un treno improvviso e imperdibile.
Quale, allora, l’obiettivo di Renzi? Essere indispensabili per reggere il governo, ma caso per caso, lasciandosi le mani libere, la voce libera per riguadagnar consensi (Italia Viva, a tutt’oggi, non arriva al 3%): ogni tanto un sì quando servirà alla sopravvivenza dell’esecutivo, che pure dovrà progressivamente essere indebolito (a cominciare dal premier, soprattutto lui bisognerà scolorire); ogni tanto una sassata quando servirà a prender le distanze da scelte impopolari che dovranno restare “a carico” di Pd e Cinquestelle. Governo appeso a un filo al Senato e quindi ostaggio dei voti di Iv. In un rapporto “funzionale” vittima-aguzzino...
No, impossibile fosse questo l’obiettivo di Renzi. Quantomeno non può aver ritenuto che l’avrebbe conseguito facilmente. È come immaginare che tu potrai muovere i tuoi scacchi e l’altro giocatore rimarrà fermo. E allora? Sapeva, Renzi, che Conte e i sopravvissuti della maggioranza avrebbero trovato nuovi proseliti al centro, avrebbero tentato anche di far breccia in Iv, ma ha scommesso – gli occhi sul pallottoliere – che, nonostante il prodigarsi di navigatori avvezzi alle più spietate tempeste, i numeri sarebbero rimasti insufficienti. Allora Conte, Pd e 5S sarebbero tornati, ancora più sfiancati, a bussare umiliati alla porta del “grande rottamatore”. Doppia scommessa azzardata.
No, neanche questo è nelle cose. E neanche la possibilità di un Conte ter dev’esser sembrata a Renzi, nemmeno per un attimo, “reale”. E se la mossa del leader di Iv contenesse semmai le dimissioni di Conte come unica vera probabilità? Un passo indietro che forse vive già, ipso facto, nel “reale”.
Ma dove stiamo andando? Verso il governo istituzionale auspicato da Berlusconi? E in che modo ciò favorirebbe Iv?
O verso elezioni? I sondaggi parlano chiaro: Lega in calo ma sempre primo partito, oltre il 23%, e la Meloni che veleggia verso il 18%. Paese alle destre sovraniste, invise all’Europa. E tutto ciò mentre il SARS-CoV-2 è ancora in giro a fare il comodo suo. In tutto questo, ancora, che fine farebbe Iv?
Passano i giorni. E la partita di Renzi, a meno di non avventurarsi in letture psicologiche, scontate e dappoco, resta incomprensibile.

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