A questo punto, anche se si concluderà domani quello che è solo il primo giro delle consultazioni, le questioni aperte per il governo Draghi sembrano essere legate più ai bilanciamenti nella squadra che ai numeri della maggioranza. Numeri che la giornata di ieri lascia già immaginare consistenti. Il puzzle si va componendo e la chiave per la sua definizione ruota intorno a quei due aggettivi destinati a connotare l’esecutivo: politico o tecnico? Non sarà, si era già detto, un "governo del Presidente", e l’apporto di ministri politici sarà determinante, a seconda dei punti di vista, per legare i soci della maggioranza a un patto tra loro e il presidente del Consiglio o rassicurare i partiti, posti davanti a una sorta di Quaresima dall’iniziativa messa in campo dal Colle per dare al Paese «risposte all’altezza della situazione» ormai non più rinviabili.
Segnali distensivi da M5s
E allora ecco, dopo il no iniziale, i sempre più consistenti segnali distensivi da M5s, corroborati anche dal 'discorso del tavolinò di Giuseppe Conte. Una mossa che sembra anche prefigurare una "competition" per la leadership del Movimento, ma che intanto avvicina M5s al sì a Draghi, anche se Di Battista non smette di dire che il no è l’unica scelta "politica" possibile per M5s. L’altra novità di spicco è arrivata dalla Lega che non chiude più la porta, ma attende comunque l’incontro con Draghi per definire la posizione in vista del voto di fiducia in Parlamento. «L'astensione è esclusa. O saremo a favore o voteremo contro», chiarisce Giancarlo Giorgetti. Non una tautologia, perchè era l’astensione il punto di massimo equilibrio in un centrodestra dalle posizioni differenziate e dove, a questo punto, solo FdI potrebbe trovarsi a presidiare la frontiera dell’opposizione, per quanto responsabile.
Quale sarà la squadra?
Quel totoministri, insomma, dal quale non si può esimere neanche un governo dal profilo austero come quello dell’ex presidente Bce. Non solo una curiosità ma, come si diceva - e come sempre accade - una plastica rappresentazione del patto che salderà i soci di maggioranza. Non dovrebbero esserci vicepremier. I primi rumors sono per Cartabia alla Giustizia, Franco all’Economia, Malaschini ai Rapporti con il Parlamento, Giovannini al Lavoro. Potrebbero essere confermati Di Maio e Patuanelli, Boccia, Guerini e Speranza. Sempre tra le new entry potrebbero esserci Tajani e Rosato.
E Draghi? Con i suoi interlocutori parla di ciò che occorre fare «se dovesse nascere un governo», ma la partita si consolida di giorno in giorno. E a quel tavolo - dove il presidente incaricato che non ha profili social verbalizza da sè gli incontri con le delegazioni - ci saranno i "player" delle grandi occasioni, come Berlusconi e Grillo. Per vedere se, e come, quel cauto - e diplomatico - periodo ipotetico passerà al presente indicativo.
Forza Italia: comincia una fase nuova
«Il tentativo del presidente Draghi va nella direzione di quel "governo dei migliori" che il presidente Berlusconi auspicava fin dal principio. E’ un governo che nasce per l’incapacità della ex maggioranza di tenere per mano il Paese. Noi questa mano l’abbiamo offerta dall’inizio della pandemia, Silvio Berlusconi disse nel marzo di un anno fa che in guerra bisogna stringersi intorno a chi ha la responsabilità di governare: non siamo stati ascoltati e purtroppo i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ora comincia una fase nuova e deve iniziare esattamente da dove il governo Conte ha fallito: dare risposte immediate sul piano vaccini, sul Recovery Plan, sull'emergenza sociale ed economica». E’ Giorgio Mulè, deputato e portavoce dei gruppi parlamentari FI, a dirlo a Unomattina.
«Su questi temi - assicura - Forza Italia ha idee chiare e contenuti concreti che oggi il presidente Berlusconi presenterà al presidente Draghi, per confrontarsi su ogni dossier».
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