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La tecnica, una compagna storica. Né idolatrarla né demonizzarla

Tecnica e sovranità, parole tirate fuori da galassie in apparenza estranee. E non è un caso che “competenze” e “dominio” abbiano spesso vissuto, nello spaziotempo umano, vite separate.
Ma quando questa lontananza viene meno si verifica l’inevitabile corto circuito. Fili percepiti come remoti – di questo si tratta – entrano in contatto e scoperchiano alla luce quanto c’è in noi di più specifico: un animo pratico e un animo politico. Che mai rinuncerebbe alla “condivisione”, al teatro – nel senso più buono – della democrazia.
C’è nulla di più umano, ben lo riconosce già Platone, della tecnica? Nulla di più umano che inventarsi una sapienza specifica per superare gli ostacoli? Dio contiene tutto, gli uomini devono esperire ogni possibile pur di metter pace in questo e quel disordine: non è proprio lo sforzo di scienza che denota il genere umano fin dai suoi primi passi? Quel che lo connota, invece, è il sentimento di un’autosufficienza che – una volta conquistate mille e una autosufficienze – potrà renderlo padrone del suo futuro, quantomeno della propria idea di futuro. “Competenze” e “dominio”, appunto.
Che rapporto c’è, oggi, tra tecnica e sovranità? Il nostro spaesamento non deve comunque farci gridare allo scandalo. Perché nulla toglie, la tecnica, al nostro esercizio sovrano purché smetta – quest’ultimo – d’aver pretese di totalità: non tutto, d’altra parte, e ciò è più evidente in una realtà come la nostra, è stato mai davvero politico. Si mostra vecchio, lo storico assioma di certa sinistra, ma non può essere assecondato il tentativo di certa destra: servirsi di questa falla per lasciar scorrazzare – nelle nuove praterie del non politico – il populismo più sfrenato. Vendendo e rivendendo la prospettiva farlocca che una sovranità totale sarebbe raggiungibile.
Eccoci a Mario Draghi, quindi. Non tanto a lui, quanto all’intuizione – già sedimentata da anni nel nostro Paese – di affidarci a lui. Sapevamo, in altre parole, che prima o poi sarebbe arrivato a Palazzo Chigi. Eccoci allora agli incontrollati tributi di fede di questi giorni, ma anche alle critiche dopo che sono stati resi noti i nomi di alcuni ministri politici. Giudizi troppo prodighi, giudizi troppo sbrigativi: capita quando ci si lascia guidare dai preconcetti.
La mossa vincente del Presidente Mattarella sta tutta nell’originalità della formula “suggerita” a Draghi – è chiaro a tutti – fin dal primo incontro: governo tecnico-politico. Al primo posto le “competenze”, che sono degli specialisti; al primo posto – con pari dignità – il “dominio”, che spetta ai politici, legati a doppio filo (piaccia o no ammetterlo) al popolo sovrano.
Recovery, Innovazione, Green: Draghi ha riservato le principali “piattaforme” per il rilancio del Paese a tecnici, lui è in quei nomi. Per la “quota” politica ha attinto a quasi tutti i partiti votati dagli italiani, raccogliendo indicazioni dai leader. Ci siamo noi, in quei nomi. Sicché il sarcasmo, a proposito di questo e di quello, è sarcasmo su noi stessi.
Quanta tecnica, e quanti progressi dall’invenzione della ruota! Però, a quanto sembra, della sovranità non abbiamo ancora capito un granché.

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