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Draghi prepara il "debutto in Parlamento. Smottamento nel M5S: 25 senatori verso il no

La sua voce la farà sentire ufficialmente da domani, con il doppio round per la fiducia in Parlamento. In compenso, se Mario Draghi lavora al suo discorso programmatico (e alla definizione del resto della squadra, dai capi di gabinetto alla composizione del pacchetto vice ministri-sottosegretari) a farsi sentire ci pensano i suoi compagni di viaggio. E anche se non proprio secondo le aspettative degli inizi, improntate a una richiesta di moratoria delle polemiche per concentrarsi, invece, sulla soluzione dei problemi, tutto sommato segnando l’intento da parte della nuova maggioranza di "cercarsi". Di trovare, come si dice in questi casi, una "quadra".
Resta sullo sfondo il caso sci, con quello stop della stagione giunto "al novantesimo" che ha riportato allo scoperto le tensioni sulla gestione della pandemia, a cominciare dal ruolo del Cts. Tensioni che ora portano nella nuova maggioranza le istanze di chi fino alla scorsa settimana era all’opposizione. Lecito attendersi che anche di questo abbiano parlato ieri Nicola Zingaretti e Matteo Salvini, in un incontro che fornisce, appunto, la plastica rappresentazione della nuova geografia creata dal governo Draghi.
Un colloquio alla Camera, non più di mezz'ora, ma pur sempre significativo. Tanto che alla fine il riserbo che doveva proteggerlo viene a cadere. «Abbiamo parlato di lavoro, del prossimo blocco dei licenziamenti, bisognerà parlare con le parti sociali», spiega Salvini confermando che una nuova stagione, e non potrebbe essere altrimenti, sta partendo. Con quali esiti, si vedrà.
Visto dalla Lega - riserbo in casa Pd - quel (primo?) contatto è servito ad «affrontare in concreto e trovare punti di contatto per risolvere alcuni problemi in tema di lavoro», in particolare, appunto, quanto alla scadenza del blocco dei licenziamenti.
Che ci sia da lavorare per serrare le file nella maggioranza è opinione radicata nei rumors interni. La tesi è che serve collegialità nelle decisioni e che pur rispettando le scelte del premier occorre un dialogo preventivo. Già in fase di composizione dell’esecutivo i leader si erano lamentati di una comunicazione tardiva da parte del premier, per scelte condivise con il Colle ma non nei passaggi decisivi con le forze politiche. Nessun dubbio sul sostegno all’esecutivo ma la richiesta resta che il presidente del Consiglio apra un confronto in vista del programma da attuare in Parlamento e anche del lavoro da portare avanti sul 'Recovery'.
Sul tavolo di Draghi, si diceva, c'è il 'puzzlè dei sottosegretari e resta da vedere la reale consistenza dei "frondisti" M5s: sono 25 i senatori pentastellati orientati a non dire sì alla fiducia. Un consistente gruppo autonomo, se passasse la linea dura e si arrivasse alla scissione.

Lo smottamento nei Cinque Stelle

L’aritmetica è dalla parte del governo di Mario Draghi, tanto alla Camera quanto al Senato, dove mercoledì il nuovo esecutivo si presenterà per chiedere la fiducia. Ma il possibile smottamento di una parte, più o meno consistente, del Movimento rischierebbe di diventare un nodo politico, anche per l’alleanza tra Pd, M5s e Leu su cui hanno puntato sia i Dem che Liberi e uguali. La dirigenza dei cinquestelle sta tuttavia lavorando per ridurre l’area del dissenso a una decina di deputati e a massimo 20 senatori. E in serata arriva anche l’appello di Casaleggio a favore dell’astensione. Davide Casaleggio ha invece invitato «chi è a disagio» ad astenersi, evitando il «no» alla fiducia, così da «non spaccare i gruppi parlamentari» e a non contraddire il responso della sua creatura, Rousseau.

 

 

 

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