Matteo Renzi rivendica il "capolavoro" d’inverno compiuto con la caduta del governo Conte e la nuova stagione di Mario Draghi e scommette sulla primavera. Ossia sfida il Pd sulle riforme, chiedendogli di schierarsi su giustizia e cantieri, e prova a riorganizzarsi lanciando la "Primavera delle idee", una specie di Leopolda lunga tre mesi. Il leader di Italia viva riparte dal 2% del suo partito ma ne amplifica i successi: con quel consenso ancora all’osso, "abbiamo dettato la linea, sconfiggendo il populismo. Figuriamoci se avessimo il 10%», azzarda aprendo l’assemblea del partito, rigorosamente on line e con 8 mila utenti sui social.
E facendo il verso a Vasco Rossi, insiste: «Gli altri sono andati via, noi siamo ancora qua, eh già». Ma per sopravvivere non basta. E il rottamatore lo sa bene, anche alla luce dei rumours che danno altri tre parlamentari pronti a dare l’addio a Italia viva (il senatore Eugenio Comincini potrebbe annunciare a breve il ritorno al Pd). Così a metà dei suoi 50 minuti di intervento, Renzi traccia ai suoi l’orizzonte: basta stare sulla difensiva, serve «giocare in attacco ma un calcio totale, non il catenaccio», precisa. Quindi chiama in causa il Pd del neosegretario e vecchio nemico, Enrico Letta: «Se davvero si vuole affermare l’inizio di una nuova stagione riformista, passiamo dalle parole ai fatti" citando giustizia, sud, cantieri, diritti, riforme, lavoro. «Sono i contenuti del riformismo, vediamo il Pd da che parte sta», sentenzia. In particolare, chiede ai Dem come si schiereranno sul tema spinoso della prescrizione: «Dalla parte del diritto o dei grillini? In Parlamento c'è una maggioranza garantista: il Pd sta con noi o con Bonafede?». Oppure sul reddito di cittadinanza, altra bandiera dei 5 Stelle da cui l’ex premier prende le distanze: «Il Jobs Act ha funzionato, il reddito di cittadinanza no, la proroga dei navigator ne è la prova», taglia corto.
Parole che non sembrano preoccupare i Dem, impegnati nell'impresa di darsi un’identità dopo l’esperienza di Zingaretti e risalire nei consensi. Nel breve invece c'è da definire i ruoli in Parlamento: martedì Letta incontrerà i suoi deputati e senatori e chissà che non si spinga a rinnovare i vertici, sostituendo i capigruppo di Camera e Senato, Graziano Delrio e Andrea Marcucci voluti all’epoca da Renzi. Altro fronte aperto tra i due partiti è quello delle alleanze elettorali. Così Renzi, per cercare di stanare il Nazareno che non disdegna il confronto con l’ex alleato nel Conte bis, pianta i suoi paletti. Pur riconoscendo che «Letta rappresenta una svolta rispetto all’epoca Zingaretti», il leader di Iv avvisa che non ci sta ad alleanze elettorali più o meno dirette con il M5s. "Non ci candiremo alle elezioni né con i sovranisti né con i populisti», assicura deciso, perché «questo è il nostro posizionamento politico: il riformismo».
Più diretto è successivamente il deputato renziano Luciano Nobil: «Il Pd vuole cambiare strada? Come prima occasione tangibile, sostenga insieme a noi Calenda a sindaco di Roma». Infine, in attesa di vedere lo scenario politico che verrà, il senatore di Rignano prende tempo. Anzi, usa «questo tempo senza elezioni che abbiamo davanti» per avviare una campagna di dibattiti e incontri da domani fino al 21 giugno, stile «vecchi tavoli della Leopolda», probabilmente on line e aperti a chi vorrà iscriversi. Saranno - poi spiega - discussioni con almeno dieci persone su tanti argomenti, dall’economia alle infrastrutture, dalla geopolitica all’organizzazione del partito "nella speranza che Iv impari qualcosa». E conclude: «Sarà un modo per costruire una piattaforma di contenuti e programmatica per essere nel dibattito politico da protagonisti», annunciando che lui ne farà personalmente uno alla settimana. Il primo sarà sulla transizione ecologica con il ministro Cingolani.
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