Venerdì 22 Novembre 2024

“Io sono Giorgia”, il conflitto della Meloni tra palco e realtà

Giorgia Meloni

Di solito i politici che sfornano libri non riscaldano i cuori dei lettori. Eppure “Io sono Giorgia” sta spiazzando un po’ tutti. La Meloni è uscita fuori dagli schemi dell’autobiografia, intesa come corollario funzionale al percorso che sta rimettendo la Destra al centro dello scacchiere italiano, in uno scenario di governo. Il libro ai politici serve come il vestito della domenica, ma in questo caso l’approccio è più sottile. Perché “Io sono Giorgia” valorizza le vulnerabilità di una storia umana per riaffermare l’identità, costruita non sugli stereotipi ideologici ma sulle debolezze incarnate nelle nostre vite, quelle che cerchiamo maldestramente di nascondere. Se poi chi ripercorre fragilità personali e familiari è la donna che per dottrina dovrebbe apparire muscolosa e senza cedimenti, allora l’identità si allarga in un apparente conflitto, il valore aggiunto del libro che sta calamitando un’attenzione trasversale. La chiave di lettura sta in un manifesto politico “indiretto”, volutamente in secondo piano - e per questo più penetrante - rispetto alle intime e sincere traversie della vita. Ma “Io sono Giorgia” se da una parte si stacca dalla propaganda grossolana, dall’altra muove corde che fanno vibrare i sentimenti come radici di un percorso politico. E questo è un rischio per la Meloni, perché poi nella realtà i linguaggi della Destra spesso calpestano le sensibilità, le stesse che hanno accostato un interesse più ampio al libro. Altrimenti l’autobiografia non avrebbe oltrepassato le frontiere di un cerchio ideologico e culturalmente compatibile. E’ azzardato associare il coraggio della madre di Giorgia Meloni (a un passo dall’aborto) alla disperazione di migliaia di donne che con un figlio in grembo, o sulle spalle, attraversano la morte per sfuggire a guerre e carestie? Basta l’italianità per separare con il filo spinato “Io sono Giorgia” da “Io sono Amina”? Se il libro della Meloni non è solo una scorciatoia intelligente, allora sarebbe utile dedicare una riflessione più profonda alle ragioni della disperazione e del dolore, al di là delle appartenenze di razza. Perché, come dice Liliam Thuram, ex giocatore di Juve e Parma, campione del mondo con la Francia, "la prima cosa che ci definisce è che siamo tutti essere umani" e "quando tra mezzo secolo ci guarderemo indietro ci chiederemo: come abbiamo potuto lasciare morire così tante persone in mare? Come è stato possibile che l’Europa abbia chiuso le frontiere a chi cercava un rifugio, dicendo voi non siete legittimati a entrare e qui non c’è posto per voi? Potete morire". E perché io non posso essere Giorgia?

leggi l'articolo completo