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Tassa di successione sulle eredità milionarie, Letta sente Draghi ma non molla

Immagine d'archivio

Una lunga telefonata, in mattinata, cui dovrebbe seguire un incontro di persona, la prossima settimana. Un «confronto cordiale», nella «franchezza». Mario Draghi ed Enrico Letta si sentono dopo il ruvido botta e risposta a distanza di giovedì, sull'ipotesi di finanziare una dote per i giovani con una tassa fino al 20% sulle eredità immobiliari che valgano 5 milioni, una misura che «riguarda l’1% della popolazione». Il segretario Pd difende a spada tratta la proposta. Il premier resta convinto, come detto giovedì, che prima si debba disegnare una riforma complessiva «nel segno della progressività» e dello stimolo alla crescita.

Che non sia questo il momento di «prendere» ai cittadini ma di «dare», il premier lo ha detto più volte. Ma i Dem respingono il tentativo di Matteo Salvini di "usare" Draghi per schiacciarli nel ruolo di "tassatori". In un dibattito che è solo l’antipasto di quello che rischia di accadere tra un mese, quando la riforma del fisco entrerà nel vivo. «Il presidente del Consiglio non ha bocciato la proposta di Letta, ha detto che non è questo il momento di parlarne, ma noi vogliamo stare nella discussione con le nostre idee, senza intralciare la riforma fiscale», dice un dirigente Dem.

Ma la questione è proprio il tempismo, spiegano altre fonti di maggioranza, che attribuiscono al premier una dose d’irritazione - non confermata dalle fonti ufficiali - per una proposta che al segretario sarebbe stato consigliato di non avanzare ora. Anche perché, è il ragionamento, in una fase di recessione le politiche fiscali devono essere espansive. Da Palazzo Chigi parlano di un colloquio «lungo e cordiale».

Dal Nazareno aggiungono che c'è «franchezza» nelle posizioni. Di Draghi resta a verbale quanto detto giovedì: fermi gli obiettivi di progressività e crescita, bisogna disegnare un «pacchetto" coerente e solo in quell'ambito si potranno poi definire i parametri. Entro fine giugno la commissione parlamentare d’indagine sul fisco consegnerà la sua proposta a Draghi per la legge delega che farà da cornice alla riforma vera e propria. Ma è probabile che, viste le divergenze in partenza, su diversi punti si indichino diverse opzioni e non proposte secche. Poi, è la convinzione comune in maggioranza, sarà Draghi a decidere la rotta, con il lavoro di una commissione ad hoc.

Solo così si potranno annullare le distanze tra la Lega che continua a puntare alla flat tax, Fi che con Occhiuto indica l’obiettivo di abbassare le tasse, il M5s che punta a ridurre gli scaglioni e il Pd che si prepara a proporre un sistema tedesco senza scaglioni ma con aliquote tarate sul reddito, insieme alla tassazione dei sussidi ambientali dannosi e la tassa sulle super eredità per aiutare i giovani. Intanto, però, il dibattito promette di farsi acceso ogni giorno di più. Letta rivendica la sua proposta, rilanciando i tanti tweet a sostegno, e affermando che mentre lui punta alla luna (il sostegno ai giovani), il dibattito si sposta sul dito (la tassazione delle eredità): «Dimostra che non siamo un Paese per giovani. Non mollo».

Salvini propone di tassare piuttosto i giganti del web e accusa il Pd di essere il partito delle tasse. In un confronto a distanza che si fa sempre più frequente, perché ciascuno dei due cerca di marcare il suo spazio politico nell’ambito della grande maggioranza, anche in vista delle prossime amministrative. In prospettiva, li separa anche la strategia rispetto all’elezione del presidente della Repubblica, in programma a inizio 2022: per dirla in estrema sintesi, Salvini sembra puntare alla scelta di Draghi per poi tornare al voto, il Pd no. Ma così come il premier, che ha definito "improprio" il dibattito sul tema, anche i Dem provano per ora a rinviare l’argomento. «Draghi - dice un parlamentare di sinistra - va preservato, anche perché potrebbe essere una 'riservà non solo per il Colle ma anche per il governo, nel 2023». Tasse, dunque. Letta rilancia la sua battaglia per conquistare giovani e porsi come avanguardia di sinistra, dando un profilo al Pd anche a prescindere dalla futura alleanza con il M5s. La proposta di tassare le successioni dei più ricchi viene condivisa dalla gran parte del partito, anche se non da tutti: Andrea Marcucci di Base riformista ne critica «tempi e modi». Ma i più draghiani guardano soprattutto alle possibili ripercussioni che la strategia «delle bandiere» può avere sul governo Draghi. «Abbastanza spesso ce l’ho fatta, ce la farà il governo», ha detto giovedì il premier. La riforma del fisco sarà di sicuro un banco di prova.

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