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Giustizia, primo ok alla riforma Cartabia. 40 M5S si smarcano: l'ira di Conte

"Non è intesa a ribasso, non serve voto iscritti». Timori per la fiducia

La riforma Cartabia arriva all’esame dell’Aula superblindata ma non per questo il governo può concedersi di dormire sonni tranquilli. Segnali di disagio arrivano non solo dalle opposizioni, che tentano con pratiche ostruzionistiche di rallentare l’iter di approvazione del ddl su cui il governo porrà la fiducia e mettono agli atti il dissenso sfoderando cartelli di protesta. ll primo segnale di turbolenza arriva dai 5 Stelle sul voto alle pregiudiziali di incostituzionalità presentate dai partiti di minoranza. Alessandro Melicchio vota a favore, in dissenso con il resto dei gruppi che sostengono il governo, ma sono stati ben 40 i deputati che non hanno partecipato al voto. Un episodio che fa infuriare Giuseppe Conte, alla prima prova di controllo sui gruppi. L’ex premier riunisce i suoi proprio nel tentativo di serrare i ranghi e mette agli atti che quello che ha visto nel pomeriggio a Montecitorio «non gli è piaciuto affatto. E’ vero - riconosce - che era domenica, che la nostra presenza non era fondamentale ma chi vuole bene al M5s partecipa alle votazioni ed ai processi decisori compattamente».

Tra gli assenti al voto c'è la relatrice Giulia Sarti e il capogruppo in Commissione Giustizia, Eugenio Saitta. Ma anche l'ex sottosegretario alla Giustizia, Vittorio Ferraresi, in prima fila nei giorni della trattativa sulla riforma, il presidente della Commissione Affari Costituzionali, Giuseppe Brescia, l’ex ministro e sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, l’ex ministro Giulia Grillo. Assenze di peso che Conte non può avallare. Anche perchè ai parlamentari che ha riunito via zoom cerca soprattutto di trasmettere la soddisfazione per il risultato ottenuto nella trattativa con il governo sulla riforma. «Qualcuno dice che abbiamo accettato un compromesso al ribasso: questa è una rappresentazione assolutamente falsa», afferma Conte riconoscendo che quella sulla giustizia è stata una trattativa "durissima» che il M5s ha portato avanti fino alla fine del confronto. Posizione condivisa dall’ex guardasigilli Alfonso Bonafede, che annuncia che voterà la fiducia «orgoglioso di far parte di un gruppo che ha deciso di contare su una questione importante come la giustizia». Anche perchè all’inizio, una via di uscita «non si vedeva», rivendica con orgoglio sempre l’ex premier.

E poi, invece, è arrivato un ragionevole compromesso. Che non sarà sottoposto però al voto degli iscritti: «Questo passaggio non merita una votazione sul web: la riforma rimane la riforma Bonafede e quindi non tradiamo nessun valore e non tradiamo nessun principio. Non possiamo presentarci e svolgere l'attività politica, istituzionale e di governo se ogni volta dobbiamo passare per il voto sul web», mette in chiaro, precisando quella che sarà la linea per il futuro. Gli replica Danilo Toninelli: «Io do per scontato che il voto sarebbe favorevole e quindi ricomopatterebbe il gruppo che, come sai Giuseppe, scricchiola.Prendo atto che è stato deciso diversamente ma incrocio le dita che questo non porti qualcuno a non votarlo....». Il «gruppo» come dice Toninelli scricchiola: 40 assenti al voto sono un segnale da non sottovalutare anche se in «congiunta» sono pochi, ma ci sono, i parlamentari che annunciano di essere «in difficoltà a far passare un testo che nonostante i miglioramenti resta un abominio». Così in difficoltà che alcuni non voteranno la fiducia. Il voto blindato sulla riforma dovrebbe arrivare domani in serata, quando è attesa la presenza in Aula anche della ministra Cartabia (che domattina sarà invece al fianco dei familiari delle vittime della Strage di Bologna). Una presenza che alcuni deputati di opposizione hanno però reclamato già oggi: «Venga ad ascoltarci qui in Aula sulle pregiudiziali di costituzionalità», ha chiesto il deputato di Ac Raffaele Trano.

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