Ingegnere, come il padre Gianfranco. In politica, come il padre e pure il fratello Massimiliano. Juventino, ma in fondo è nato (Ottaviano) e vive (Nola) in provincia. Ma soprattutto uomo che sa tessere relazioni, fare squadra, conciliante ma in grado di tirare fuori gli artigli se la situazione lo richiede. Gaetano Manfredi, 57 anni, sposato a un medico e con una figlia 22enne, è stato l’uomo intorno al quale si è costituito in poche settimane il laboratorio Napoli, l’inedita alleanza M5s-Pd per ritornare con il centrosinistra alla guida del comune più disastrato d’Italia (3 miliardi circa il debito accumulato in 10 anni di giunte "arancioni" di Luigi de Magistris, da un’eredità di 800 milioni di passivo). Alla guida di una corazzata di 13 liste che abbracciano persino ex demA ed ex berlusconiani, "benedetto" dal padre-padrone della Campania, Vincenzo De Luca, che però per lui si è speso solo in una passeggiata lungo via Chiaia interrotta dalla pioggia, quanto Manfredi sia capace di costruire, se non bastasse la sua carriera universitaria, lo dice il fatto di aver strappato a 5Stelle, Pd e Leu il Patto per Napoli, l’impegno a ripianare a livello nazionale i conti del Comune. Laureato alla Federico II di Napoli magna cum laude, oltre 400 pubblicazioni nel suo curriculum di studioso, nel 2014 ne diventa rettore, approdando nel 2015 al vertice della Conferenza dei rettori italiani (Crui), con la riconferma nel 2018. In un ministero entra nel 2006, con il secondo mandato di Romano Prodi: consigliere tecnico dell’allora ministro per le Riforme e l’innovazione nella Pubblica amministrazione Luigi Nicolais, suo amico e collega di ateneo e facoltà. Nel 2019, il premier Giuseppe Conte lo chiama a guidare il dicastero dell’Università e della Ricerca, e si fa apprezzare anche dai leader pentastellati Roberto Fico e Luigi Di Maio. «Il M5s ha sostenuto la mia candidatura dall’inizio - ricordava all’AGI il 28 giugno scorso - la sua presenza in coalizione è importante per le istanze che ha sempre portato avanti, in particolare sui temi della marginalità sociale e della transizione ecologica, che sono decisivi per la città». Contro l’astensionismo, molto alto a Napoli nelle elezioni precedenti, la sua ricetta era «motivare gli elettori, rafforzando la consapevolezza che il loro voto sia utile per costruire un futuro migliore per tutti». E in caso di elezione, anticipava, «nei primi 100 giorni bisognerà lavorare sulla vivibilità quotidiana, con interventi puntuali sui disservizi segnalati dai cittadini. Occorreranno poi interventi straordinari per mettere l’amministrazione nelle condizioni di poter sfruttare al meglio le opportunità del Recovery. Tra la fine dell’anno e l’inizio del 2022 avremo bisogno di una task force che consenta di presentare i progetti e non perdere queste risorse decisive».