E’ strappo della Lega sulla riforma del fisco. A ventiquattro ore dalla chiusura dei seggi per le comunali, all’indomani di una sconfitta inattesa, Matteo Salvini sceglie di sfidare il premier Mario Draghi. E a Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia, Erika Stefani fa disertare il Consiglio dei ministri che dà il via libera a una delle riforme più attese del governo, vergando dure critiche di merito, per aver scelto di insistere sulla riforma del catasto, e di metodo, per aver chiesto una «fiducia al buio». E’ un «gesto serio», dichiara Draghi. E aggiunge che sta a Salvini «spiegarlo», perché la delega rispecchia principi «condivisi» dalla Lega, che aveva a sua disposizione «sufficienti elementi per valutare». Il leader leghista lo smentisce: «Il testo non rispetta gli accordi». Mai la lontananza era stata così grande: per la prima volta nel governo c'è chi sospetta davvero che Salvini si prepari a uscirne, anche se in serata trapelano contatti per un incontro tra il premier e il leghista per «superare le incomprensioni». Si consuma tutto nello spazio di due ore. Alle 14 i ministri arrivano a Palazzo Chigi per la cabina di regia sulla delega che disegna la riforma del fisco. Per la Lega, dato che alla luce di quel che accadrà non passa inosservato, non c'è Giorgetti ma Garavaglia. Il ministro del Turismo ascolta l’illustrazione di Franco poi dice di avere «il dovere» di informare il segretario, per approfondire il testo, e lascia la riunione. Giorgetti, raccontano, avrebbe informato Draghi dell’intenzione di disertare poi il Cdm. I colleghi vedono Stefani arrivare a Palazzo Chigi per il Consiglio, pochi minuti prima della riunione, poi sparire. Alla base del dissenso c'è la riforma del catasto, spiegano, ma anche il fatto che le bozze siano state inviate ai ministri «mezz'ora prima della cabina di regia": «Non possiamo lavorare senza aver visto le carte. Nulla contro Draghi ma o ce le consegna per tempo oppure dovrà fare da solo: non sarebbe serio e corretto votare sulla fiducia», trapela da fonti leghiste. Andrea Orlando, a nome del Pd, solleva in Cdm il problema politico che l’assenza della Lega sulla riforma apre. Forza Italia sostiene con convinzione il testo, sottolineando che «non alzerà le tasse», come garantito da Draghi. Ma Mariastella Gelmini ed Elena Bonetti di Iv, che sottolinea l'impostazione «non ideologica» del provvedimento, pongono l'accento sulla responsabilità di tutti, senza rimarcare divisioni che pure ci sono. «Ne prendo atto», sono le poche parole con cui Draghi - che non fa trasparire irritazione - commenta lo strappo in Cdm, mentre tra ministri e sottosegretari ci si interroga sulla reale portata del gesto di Salvini. Il premier poi, in conferenza stampa con Franco prima di partire per un vertice europeo, mette in fila alcuni principi: «L'impegno che il governo prende oggi è che» con la riforma del catasto, che rinvia la revisione delle rendite al 2026, «nessuno pagherà di più o di meno» e ogni decreto delegato su Irpef, Iva, Irap «avrà un sistema che non intende aumentare il gettito ma diminuirlo». E non solo «non è l'ultima parola», perché il Parlamento ha già dato le sue linee guida e avrà voce in capitolo, ma la stessa Lega era stata informata ampiamente. Un chiarimento potrebbe esserci, con un incontro tra Draghi e Salvini, nei prossimi giorni. Ma intanto la riforma passa: nell’esperienza «diversa» della maggioranza Draghi, sottolinea il premier, «l'azione di governo» prosegue senza interruzioni «nonostante le diversità di vedute». Se per Salvini ci siano altre implicazioni politiche, aggiunge, deve dirlo lui. Ma difficile dire se dal voto delle amministrative, osserva, il governo esca «rafforzato o indebolito». A stretto giro il leader leghista replica con una conferenza stampa alla Camera, in cui dice di fidarsi di Draghi, ma non della delega: «Non è l’oroscopo, non è possibile avere mezz'ora di tempo per analizzare il futuro degli italiani. Nel testo non c'è quanto pattuito», afferma, smentendo le affermazioni del premier. Mentre Giorgia Meloni plaude, i ministri leghisti tacciono, pesa il silenzio di Giorgetti. Quello di Salvini è un gesto «gravissimo», dicono quasi all’unisono Enrico Letta, che convoca un vertice d’urgenza al Nazareno, e Giuseppe Conte. Il sostegno di Fi alla riforma fa sperare a qualcuno nel centrosinistra che la Lega tolga il disturbo dal governo. Altri interpretano il gesto come una partita tutta interna alla Lega, un modo di Salvini per rimarcare la sua leadership. Di sicuro, la linea di lotta e di governo viene reputata dai più insostenibile. E irrita quasi tutti. Quali le implicazioni, si vedrà nei prossimi giorni. Draghi intanto va avanti con l’agenda e convoca per giovedì la prima cabina di regia sul Pnrr. Il messaggio è chiaro: finché il governo dura, le riforme non possono essere fermate da distinguo.