«E poi c'è l’Ucraina». Un esponente dem lascia cadere la frase, apparentemente decontestualizzata, nel mezzo di un discorso sulle opzioni per il Quirinale. Il nome di Franco Frattini aleggia da giorni nei conciliaboli dei corridoi dei palazzi, ma una iniziativa come quella che viene attribuita a Giuseppe Conte non era stata ancora presa. Il presidente del M5s, stando a quanto viene riferito, avrebbe messo il nome dell’ex ministro degli Esteri, e attuale presidente del Consiglio di Stato, nella rosa per il Quirinale. Un nome di centrodestra, e questo è il primo elemento a non piacere al Pd: «Si è detto chiaramente di evitare che ci siano nomi di parte, di indicare un nome alto nel solco di Mattarella. E loro che fanno?». «Loro», naturalmente, sono i Cinque Stelle nella persona di Giuseppe Conte, interlocutore principale del segretario Enrico Letta. Almeno fin qui. Ora, che c'entra l’Ucraina? C'entra. All’inizio del Conte I, infatti, Frattini si schierò al fianco dell’allora premier che chiedeva lo stop delle sanzioni contro la Russia. Ora, nel momento in cui sul confine fra Russia e Ucraina sono schierati «60 unità russe da combattimento», come risulta all’intelligence britannica, pari a 100 mila soldati russi, la sensibilità del futuro presidente nei confronti della Russia appare ai dem «tutt'altro che un dettaglio». Nessuno fa esplicitamente il nome dell’ex responsabile della Farnesina, ma si rincorrono nelle ultime ore gli appelli a non trascurare l’aspetto geopolitico nell’elezione del Presidente della Repubblica. Mentre era in corso la prima votazione, in un angolo della Camera, un grande elettore dem osservava che «mentre noi siamo qui a considerare nomi e curricula, dovremmo anche dare uno sguardo a quello che succede ai confini dell’Europa». Per la segreteria del Pd è Lia Quartapelle a sottolineare che «la scelta del Presidente della Repubblica non ha solo ricadute interne. I venti di guerra che soffiano dall’Ucraina ci ricordano che all’Italia serve un o una Presidente della Repubblica chiaramente europeista, atlantista, senza ombre di ambiguità nel rapporto con la Russia».
Una posizione condivisa anche fuori dal Pd, con Matteo Renzi che dichiara a Radio Leopolda: «C'è un elemento del quale nessuno parla: la pressione geopolitica». E spiega: «In questi giorni sta accadendo una cosa enorme tra Russia e Ucraina, tra la Russia e la Nato. Sulla questione della collocazione internazionale non si scherza». Per il Quirinale «Italia viva non sosterrà candidati che non abbiano un chiarissimo pedigree filo atlantico e filo europeista. Chi ha orecchie per intendere intenda», avverte il leader di Italia Viva. Parole sottoscritte dal responsabile Sicurezza del Pd Enrico Borghi: «Condivido le osservazioni di Renzi sull'esigenza di mettere al centro le questioni geopolitiche nelle valutazioni sul Quirinale», dice: «Come Pd lo stiamo dicendo da giorni, ed è importante che questa sensibilità si allarghi. Con quello che sta accadendo sul confine tra Russia e Ucraina, e per il ruolo dell’Italia nella Nato e nello scacchiere euro-mediterraneo, il nuovo Presidente della Repubblica deve essere senza discussioni filo Atlantico e senza alcuna ambiguità sulla Russia. Sono materie delicate e complesse, sulle quali non è consentito in alcun modo sbagliare né equivocare». A mettere il primo mattone a quello che appare un 'murò del pd è stato, tuttavia, il deputato Filippo Sensi che in un Tweet di ieri sera scriveva: «Con tutto il rispetto e la solennità del momento politico italiano, quello che sta succedendo in Ucraina, la possibilità di una guerra non alle porte, ma in Europa, mi pare l’unica priorità, l’unico assillo. Questo silenzio, questa sottovalutazione qui da noi non è tollerabile». Oggi, il riferimento è più esplicito: «In questo contesto internazionale e geopolitico - sì, sto parlando dell’Ucraina - limpido atlantismo ed europeismo nitido sono un pre-requisito non negoziabile nel profilo del prossimo Presidente della Repubblica», scrive Sensi.
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