Alla viglia della quarta votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica che vedrà il quorum scendere a quota 505, tra i partiti regna il caos ed un nome su cui convergere ancora non c'è. Dopo la nuova fumata nera che certifica un Parlamento balcanizzato centrodestra e centrosinistra sono ad un punto morto. Ma Enrico Letta mette un punto fermo spiegando che le trattative in corso potrebbero chiudersi con il voto sul nuovo presidente venerdì 28 gennaio. Poche le certezze sui nomi, se non che aumenta il consenso nei confronti di Sergio Mattarella e che il centrodestra deve provare a ricompattarsi dopo lo «strappo» di Fdi che - in polemica per la scelta di votare scheda bianca - ha dato indicazione di votare Guido Crosetto.
Lo strappo su Crosetto
Un nome che raccoglie 114 consensi, ben oltre i numeri dei grandi elettori di Giorgia Meloni. In questo clima i mercati mostrano segni di nervosismo e sembrano chiedere di fare in fretta, con lo spread arrivato a 140.3 punti base per la prima volta in un anno e mezzo. Centrodestra e centrosinistra hanno il programma riunioni con i loro parlamentari e poi Salvini, Meloni e Tajani insieme ai piccoli della coalizione si ritroveranno per discutere la possibilità di convergere su Pier Ferdinando Casini. Il leader della Lega dovrebbe poi incontrare Enrico Letta e Giuseppe Conte per arrivare alla stretta finale. Oltre a Casini, sul tavolo resta il nome di Mario Draghi e sullo sfondo il bis di Sergio Mattarella. A smuovere le acque è il leader della Lega e le voci di un incontro con Sabino Cassese. Un incontro che sarebbe avvenuto nella casa del giudice emerito della Consulta ai Parioli ma che la Lega prontamente smentisce. A meno di sorprese dunque i nomi su cui si continua a lavorare sono gli stessi mentre appare tramontata l’idea del centrodestra di tentare la «spallata» proponendo il presidente del Senato Elisabetta Casellati. Una candidatura su cui il centrosinistra alza il muro: «Assurda e incomprensibile», la bolla Enrico Letta che invita Salvini a fermarsi per evitare che «salti la maggioranza». Gli fa eco Luigi Di Maio: «Se domani si va al muro contro muro tra centrodestra e centrosinistra, si rischia di spaccare seriamente la maggioranza. Cerchiamo un nome condiviso». Salvini però appare irremovibile e dopo una giornata di tensioni con Meloni prova a ricucire: " Il centrodestra è al lavoro per trovare un nome d’area. La sinistra sembra non avere nessun nominativo spendibile». Parole che suonano come una risposta a Giorgia Meloni che aveva reclamato unità: "Continuiamo a ritenere imprescindibile una votazione compatta del centrodestra su un candidato della coalizione, come concordemente valutato nell’ultimo vertice. A Matteo Salvini il mandato di individuare, attraverso le sue molteplici interlocuzioni, il candidato più attrattivo tra quelli presentati ieri». Nessuno spiraglio invece di fronte all’ipotesi di convergere su Draghi. il segretario leghista torna ribadire la necessità che Draghi resti a palazzo Chigi: «Senza il premier penso che avrebbe qualche difficoltà di linea di direzione». Un fronte, quello che non vuole che il premier traslochi al Colle, che comprende anche Beppe Grillo. Il fondatore M5s nel corso di una telefonata con Giuseppe Conte avrebbe concordato sul fatto che il presidente del Consiglio resti a Chigi.