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L’accusa di Tiziano Renzi alla... banda Bassotti

«In questi anni ho avuto la netta percezione, la certezza, di essere considerato un ostacolo e comunque un fastidio. Come sai gli unici colloqui erano conditi di rimproveri e di sfiducie preventive». Lo si legge in un passo del testo sequestrato nell’ottobre 2019 dalla Guardia di finanza in un pc di Tiziano Renzi. Lo scritto, una lettera, è finito agli atti del processo per bancarotta in corso a Firenze che vede tra gli imputati i genitori dell’ex premier. Secondo un’istanza della difesa di Tiziano Renzi, in cui si chiedeva di considerarlo non utilizzabile - e che è stata respinta dal Tribunale - il documento sarebbe «una missiva del signor Tiziano Renzi al figlio senatore». Risalirebbe ai primi giorni del marzo 2017. Il padre sembra rivolgersi al figlio con rammarico e costernazione, in una specie di sfogo. L’estensore accusa Renzi jr di non prenderlo in considerazione e si lamenta dei guai giudiziari che sta passando.
Nel testo, che non è chiaro se sia mai stato recapitato a Matteo Renzi, non mancano stoccate ai fedelissimi dell’ex premier: «Carrai - si legge nel testo attribuito a Tiziano Renzi - non si deve mai più far vedere da me, uomo falso», quindi si legge ancora di una «banda Bassotti Bianchi, Bonifazi e Boschi» che «hanno lucrato senza ritegno dalla posizione di accoliti tuoi e io sono stato quello che è passato per ladro». «Ora tu hai l’immunità - si legge ancora -, non esiste più il rischio che tramite me arrivino a te. Spero che inizi una nuova stagione di lotta per i valori che hanno animato la nostra vita». «Riguardo al tuo auspicio che vada in pensione - si legge in un altro passaggio - devo con forza affermare che in pensione mi ci manda il buon Dio non te». «Questa vicenda - affermerebbe ancora Tiziano Renzi, ritenuto l’autore della missiva - mi ha tolto la capacità di relazione. Tutti quello che hanno avuto rapporti con me sono stati attenzionati solo per questo fatto». «Sono - aggiunge - come il re Mida della m.., concimo tutti, stanno interrogando tutti».

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