Mattinata di incontri, per Giuseppe Conte, nella sede del M5s, il giorno dopo la mancata fiducia al governo sul dl aiuti e le conseguenti dimissioni del premier Mario Draghi. Occhi puntati, dunque, a mercoledì prossimo, giorno in cui il presidente del Consiglio si ripresenterà alle Camere per valutare se vi siano i margini per proseguire o se la sua esperienza a Palazzo Chigi sarà da considerarsi ufficialmente conclusa. Uno dei temi principali, è l’atteggiamento che assumerà M5s, se cioè Conte e i suoi siano disposti a fare parzialmente dietro-front e garantire una forma di sostegno all’esecutivo guidato da Draghi, o se la chiusura è da considerarsi insanabile. In quest’ottica, è rilevante comprendere se la delegazione governativa del Movimento resterà al suo posto fino alla verifica parlamentare, o se ci saranno le dimissioni. In queste ore si sta ragionando di questo, come testimonia il faccia a faccia di Conte coi suoi ministri e i dirigenti di M5s: uscendo dalla sede di via Campo Marzio, alla domanda sulle dimissioni ha replicato, seppure in modo interlocutorio, il ministro per le Politiche agricole Stefano Patuanelli: «Si è dimesso il presidente del Consiglio - ha detto - di fatto è il governo dimissionario. Ci stiamo confrontando e analizzando la decisione di ieri del presidente del Consiglio di dimettersi e il successivo rinvio alle Camere. E’ un confronto ovviamente interno, cominciato già ieri e che continuerà nelle prossime ore con tutti gli organi del M5S, dal presidente al Consiglio nazionale alla delegazione di governo che adesso si è incontrata con il presidente Conte. Faremo tutte le nostre valutazioni». Prima di lui, la capogruppo al Senato Mariolina Castellone, uscendo dalla sede, ha spiegato che «il Consiglio nazionale si riunirà di nuovo oggi e faremo le nostre valutazioni». Intanto il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, a quanto si apprende, nelle riunioni delle ultime ore con Giuseppe Conte e i vertici del M5s ha esplicitato il proprio dissenso verso la linea dura emersa nel partito. D’Incà avrebbe chiarito di non condividere la posizione di chi nel Movimento vorrebbe il ritiro dei ministri e, quindi, il tramonto definitivo anche dell’ipotesi di un nuovo sostegno al premier Mario Draghi. Un dissenso, avrebbe spiegato, dovuto alla preoccupazione per il Paese, per le sorti del Pnrr e per le conseguenze europee.