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Pd-M5S rottura insanabile, Letta corteggia Calenda, il centrodestra si vede mercoledì

Enrico Letta e Carlo Calenda

La rottura con il M5s è "irreversibile". Per Enrico Letta è un punto fermo. Che è strettamente legato a un’altra convinzione: la caduta di Draghi "è stata un suicidio collettivo della politica italiana». Il segretario Pd è al lavoro sulla lista Democratici e progressisti, con cui provare a battere le destre. Il dialogo c'è già con Articolo Uno, con i Verdi e Sinistra italiana, con i socialisti. E con quelle realtà fuori dai partiti che col Pd hanno condiviso il percorso delle agorà. Ma i lavori sono in corso.

Il Nazareno appare disponibile a cercare vie comuni coi transfughi di Forza Italia. Poi ci sono Carlo Calenda e Matteo Renzi: una ricucitura col primo è data come più probabile che col secondo. Ma nulla è scontato. Azione e Più Europa domani presenteranno il loro «appello a cittadini e partiti». Quindi anche al Pd. «Non c'è alcuna preclusione a discutere di programmi - apre Calenda - Noi partiamo da lì». Ma poi elenca un po' di punti su cui dice di non andare d’accordo coi dem: «Noi siamo molto favorevoli al rigassificatore di Piombino. Il Pd ha dimostrato contro. Siamo favorevoli alla revisione del reddito di cittadinanza, il Pd non si esprime». La costruzione delle alleanze nel centrosinistra partirà martedì, dalla relazione di Letta in direzione, mentre domani il segretario dem ha in programma una riunione con i segretari regionali: sono ore di organizzazione della campagna elettorale, su un programma che al Nazareno assicurano essere a «un elevato stato di definizione».

"Il tema della salvaguardia dell’ambiente sarà centrale - spiega Letta - ed è profondamente collegato con la questione salariale». Il segretario Pd assicura: «In questo momento ho gli occhi di tigre. Non ho nessuna intenzione di perdere le elezioni». Il refrain è: la scelta sarà o noi o Giorgia Meloni. La prima polemica, infatti, è con lei. «E' ripartita la macchina del fango contro me», dice la leader di Fdi. «Non apprezzo il vittimismo», replica Letta. Il Pd deve fare i conti con un centrodestra che nei sondaggi parte in vantaggio e che andrà alle urne unito, con una legge elettorale che premia le coalizioni. Per questo il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, chiede a Letta e a Conte «uno sforzo per costruire un’alleanza». Ma sui 5 stelle Letta è irremovibile. E non per un problema personale: «Io non farò un campagna astiosa o arrabbiata - spiega - Non mi sono pentito di aver dialogato coi 5 stelle, perché c'è stata un’evoluzione. Ma poi Conte ha abbandonato quella evoluzione».ù

Calenda: "Noi atlantisti e europeisti"

«Domani presentiamo le linee guida del patto. Non è un programma». Lo ha precisato il leader di Azione, Carlo Calenda, a InOnda su La7. Nel patto, spiega, deve essere chiaro che «siamo atlantisti e siamo per dare più potere all’Ue rafforzando i rapporti con gli Usa. Siamo per rispettare gli accordi sulle spese Nato, a favorire la resistenza ucraina con il materiale bellico. Sono tutte cose sui cui penso il Pd ci stia perché le ha votate.

Meloni: "Partita macchina del fango contro di me"

Regole sulla definizione della premiership e quelle per la suddivisione delle quote nei collegi e un primo chiarimento su programma elettorale e, soprattutto, sui ruoli dei leader in campo. Mercoledì, se tutto verrà confermato, il gotha del centrodestra al completo si riunirà per il primo vertice ufficiale della coalizione e lo farà in una sede istituzionale e «neutra": Montecitorio. L’ultimo vertice si era tenuto a maggio a Villa San Martino ma questo avrà i crismi dell’ufficialità per avviare la campagna elettorale in vista del voto del 25 settembre. Ci sarà Silvio Berlusconi, già sceso in campo con la prima bozza del programma elettorale, che intende condividere con la coalizione, e pronto a fare la sua parte. Non solo con la sua candidatura per il Senato dove potrebbe ambire alla Presidenza. «Con Berlusconi in campo Forza Italia punta al 20% per tornare ad essere trainante. Berlusconi è importante anche per il suo ruolo di federatore» mette in chiaro l’azzurro Sestino Giacomoni. Ma è il nodo della premiership quello più delicato per la coalizione. La leader di Fdi, la più accreditata dai sondaggi ad ottenere quei voti in più per candidarsi a palazzo Chigi in caso di vittoria dell’alleanza già protesta. «Con la campagna elettorale è ripartita, puntuale come sempre, la macchina del fango contro me e Fratelli d’Italia. Aspettatevi di tutto in queste settimane, perché sono consapevoli dell’imminente sconfitta e useranno ogni mezzo per tentare di fermarci» si lamenta Giorgia Meloni. D’altra parte non ci sono solo le preoccupazioni che da un paio di giorni il New York Times esplicita dalle sue pagine per la possibile vittoria di "un’alleanza dominata da nazionalisti e populisti di estrema destra». Ad amplificare i timori della leader di Fdi ci sono anche le ipotesi, sorrette dalla sua disponibilità a mettersi a disposizione della coalizione, sull'indicazione di Antonio Tajani per la presidenza del Consiglio. «Noi chiediamo pari dignità, chiediamo non cambino le regole né sui collegi né su come si sceglie un candidato. O si vince insieme e si perde insieme» chiarisce in tv Ignazio La Russa. Salvini rassicura i due alleati: Berlusconi «può aspirare a qualsiasi incarico» mentre per la premiership conferma la vecchia intesa: «chi prende più voti indica il premier». Forza Italia, d’altra parte, ha ora urgente necessità di rassicurare gli elettori moderati ed evitare, dopo lo strappo sul governo Draghi, la fuga di altre figure di calibro come quelle di Gelmini e Brunetta, che è tornato all’attacco.

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