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Stipendi pubblici, salta il tetto dei 240mila euro. Polemica tra il governo e i partiti

Filtra "disappunto" da Palazzo Chigi dopo che il Senato ha dato il via libera, con il decreto aiuti bis, a una deroga al tetto a 240mila euro degli stipendi dei dirigenti pubblici. Si tratta, viene sottolineato nella sede dell'esecutivo, di una "dinamica squisitamente parlamentare", frutto di una intesa tra i partiti.

"Quello è un tetto che avevo messo io, oggi il governo ha fatto questa riformulazione e non avevamo alternativa che votarlo per evitare che saltasse tutto e saltassero 17 miliardi di aiuti alle famiglie", ha detto Matteo Renzi replicando ad una domanda sullo stop al tetto degli stipendi dei manager della p.a.

"Siamo molto soddisfatti dell'approvazione del dl aiuti bis. Purtroppo nel testo è passato anche un emendamento di Forza Italia riformulato dal MEF, come tutti gli emendamenti votati oggi con parere favorevole, che non condividiamo in alcun modo e che elimina il tetto dei 240 mila euro agli stipendi di una parte della dirigenza apicale della pubblica amministrazione -  dicono Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, presidenti dei gruppi Pd -. Pertanto presenteremo alla Camera un ordine del giorno al dl aiuti bis, impegnando il governo a modificare la norma e ripristinare il tetto nel primo provvedimento utile e cioè nel dl aiuti ter".

Sull'emendamento che prevede una deroga al tetto degli stipendi dei manager pubblici per una serie di figure di vertice della P.a. e delle forze dell'ordine, il Ministero dell'economia, secondo quanto si apprende, ha dato solo un contributo tecnico sulle coperture. Si tratta di un emendamento parlamentare, si spiega, per la cui attuazione comunque è necessario un provvedimento successivo.

 

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