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Conte canta "Bella Ciao" e attacca: "Col Reddito di cittadinanza non si scherza"

Che il M5s sia il terzo o il quarto polo, in questa campagna elettorale, poco importa: Giuseppe Conte con il suo Movimento corre solo contro tutti. Ed ha, assicura il leader 5 Stelle, tutti contro di lui. «Tutte le coalizioni, che poi sono cartelli elettorali, volevano e vogliono fuori il Movimento 5 Stelle. Questo riguarda tutto l'orizzonte politico, dal Pd fino alla Meloni. Siamo così scomodi?». Ma la corsa in solitaria per il leader del Movimento, che oggi è tornato ad incontrare Beppe Grillo, è motivo di orgoglio, tanto più che i sondaggi che dice di avere starebbero certificando una risalita nel gradimento elettorale. E poco importa se a Genova, dove con Grillo ha condiviso la strategia della campagna elettorale ("in realtà parliamo spesso al telefono» dichiara), il governatore Giovanni Toti ironizzando l’ha paragonato a Cetto La Qualunque ("reddito per tutti, 35 ore di lavoro, salario minimo, babà e abiti su misura recapitati a casa").

Lui, a differenza di Laura Pausini, si concede volentieri ad intonare davanti alle Tv Bella Ciao. «E' una canzone di tutti e per quanti si riconoscono nella democrazia italiana». Ma il fatto che il M5s ora si collochi inequivocabilmente tra i progressisti non lo esime dall’attaccare i partiti del centrosinistra. "Con questi vertici del Pd, non c'è prospettiva" di dialogo post-elettorale ripete ogni giorno il leader pentastellato che allo stato «salva» solo «le amministrazioni dove siamo in coalizione con altre forze politiche del centrosinistra: non mettiamo in discussione gli impegni presi" dice. Allo stesso modo attacca a destra. Nel mirino ora c'è la difesa fatta da Giorgia Meloni nei confronti di Orban: «Se questa è l'idea della democrazia che ha Meloni, io dico che è inidonea a governare». E, a proposito di governo, attacca pure Draghi. Se il premier lo avesse ascoltato mesi fa, quando invocava di "fermare la corsa agli armamenti» per indirizzare risorse alle famiglie e alle imprese in difficoltà, «non saremmo costretti a fare uno scostamento monstre» che considera inevitabile. E pure la stampa, «se invece che osannare ogni tocco di Draghi fosse stata più incalzante, forse in Europa avremmo ottenuto qualcosa in più» per gli italiani. Attacca tutti, insomma. Si dice «molto» deluso da chi ha lasciato il Movimento: «non voglio fare nomi ma sono quelli che hanno pensato di costituire un partito elettoralistico all’ultimo minuto, cercando di assicurarsi una carriera politica futura». Non lo cita ma ce l’ha con Luigi Di Maio che volentieri contraccambia: «Un voto a Conte è un voto alla Meloni per abolire il reddito di cittadinanza». E, last but not least, c'è Matteo Renzi, con cui ha intavolato una lite che ha costretto il ministero dell’Interno ad dover presidiare il comizio siciliano del leader di Iv per scongiurare eventuali atti intimidatori dei sostenitori del reddito di cittadinanza. "Renzi vuole farsi pubblicità sulle mie spalle. E’ scollato dalla realtà e se riceve degli insulti mi dispiace ma ci mette tutto del suo, non mi coinvolga» taglia corto Conte. Che sul reddito di cittadinanza incalza: «Con la povertà non si scherza. Come si può pensare, con questa emergenza, che l’obiettivo dei politici, che prendono 500 euro al giorno, sia quello di abolirlo?».

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