Mentre fioccano i nomi per il congresso del Partito Democratico, si apre il tema dei rapporti all’interno delle opposizioni. E il rischio, per il Partito Democratico, è quello di ritrovarsi ancora una volta schiacciato fra Azione-Iv e Movimento 5 Stelle, secondo la dinamica che si è sviluppata durante la campagna elettorale. Andrea Orlando propone un patto fra tutte le opposizioni per mettere in campo una risposta efficace alla maggioranza in parlamento: «Non c'entra nulla il mancato "Campo largo", dell’alternativa futura alla destra temo avremo tempo di parlarne. Ma le opposizioni non potranno trovarsi divise, tra loro conflittuali, di fronte alle prime mosse di una destra dai caratteri inquietanti che tutti abbiamo denunciato in campagna elettorale». Un’idea che Carlo Calenda respinge torvandola «non matura».
Maria Elena Boschi ha già fatto sapere che le opposizioni in Parlamento saranno due: da una parte Italia Viva e Azione e, dall’altra, il Movimento 5 Stelle. Al Pd la scelta con chi schierarsi. Un bivio, quello che l’espoentne renziana mette di fronte al percorso dei dem, che interroga le due anime del Pd e lo fa nel momento peggiore degli utlimi dieci anni, con un congresso alle porte e la necessità di ripensare dal profondo identità e vocazione dei dem. «A sinistra il Pd si interroga su cosa deve essere», rincara la dose Carlo Calenda: «Un partito che si interroga da più di un decennio sul suo perchè non ha un perchè». La reazione del partito, tuttavia, è immediata e corale.
L’ennesimo "cinguettio" di Carlo Calenda suscita, infatti, l’ira del neo senatore dem, Alfredo Bazoli. Già componente della Commissione Giustizia e vice presidente della Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio, Bazoli non è un frequentatore assiduo dei social network ed è conosciuto per l’aplomb con il quale affronta anche le sedute parlamentari più tormentate. Tuttavia, le parole di Calenda, innescano una replica netta: «Basta, finiscila di occuparti del Partito Democratico per denigrarlo. La campagna elettorale è finita. Abbi rispetto di una grande comunità democratica e occupati del tuo orticello personale».
Dall’altra parte, è il responsabile Enti Locali della segerteria Pd, Francesco Boccia, ad alzare un muro contro Calenda. «Calenda continua a pensare al Pd anche dopo il voto. Gli consiglierei di pensare alla sua creatura politica. Predica la dissoluzione del Pd da quando fa politica e invece il Pd ha resistito ai suoi continui tradimenti. Mi auguro che faccia una opposizione costruttiva alla Meloni, dopo averle permesso di vincere e dopo aver lasciato Bonino fuori dal parlamento, avendo rotto il fronte comune che c'era e ci aveva consentito di vincere in tante città, come a Catanzaro e a Verona», sottolinea Boccia. Al di là degli scontri verbali, sembra emergere tuttavia una diversa visione sull'opposizione da mettere in campo. Il segretario del Pd, Enrico Letta, ha fatto sapere durante la conferenza stampa seguita alla sconfitta elettorale che il Pd si impegnerà a costruire una opposizione «dura e intransigente» alla destra. Diverso è l’atteggiamento di Matteo Renzi e Carlo Calenda: se la maggioranza di centrodestra aprirà un nuovo cantiere per le riforme, il Terzo Polo sarà della partita, dicono quasi in coro. Comincia il leader Iv che nella sua Enews premette che in effetti una Giorgia Meloni premier «avrà la nostra opposizione», a partire dal voto contro al momento della fiducia, ma anticipa anche che «se chiederà un tavolo per fare insieme le riforme costituzionali, noi ci saremo perchè siamo sempre pronti - assicura - a riscrivere insieme le regole». Per Calenda, «se Meloni farà una Bicamerale, è un dovere partecipare e discutere». Di più, «se farà delle proposte - spiega ancora Calenda - è un dovere partecipare e discutere». «Dopodichè - puntualizza - personalmente sono assolutamente contrario al presidenzialismo».
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