Le elezioni regionali: centrodestra unito vince, opposizioni (sempre più) divise. Incubo astensionismo
Un referendum sul governo? Le elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia premiano il centrodestra per l'azione di governo di questi primi 100 giorni di esecutivo a guida Meloni? Sta di fatto che i due appuntamenti elettorali di febbraio, arrivati a pochi mesi dallo "tsunami" elettorale di settembre con la larga vittoria delle forze di destra, rappresentavano un banco di prova importante per l'intera sistema partitico e politico italiano. Alcuni dati emergono già con chiarezza nel post-voto:
Il centrodestra unito vince
Un'offerta politica chiara. Se il centrodestra si presenta unito (Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia, più altre forze politiche minori), la competizione elettorale a tutti i livelli mostra una larga preferenza degli elettori verso il centrodestra. Al di là dei dati dei singoli partiti e delle figure messe in campo per guidare gli esecutivi regionali (Fontana in Lombardia e Rocca nel Lazio), in questo momento (e non è un fattore legato solo alla contingenza, bensì alla storia e alla storicità del sistema politico italiano) il centrodestra è maggioranza solida nel paese e nei territori.
Opposizioni (sempre più) divise
D'altra parte, ecco il "centrosinistra". In Lombardia il centrodestra ha affrontato il Pd guidato da Majorino e Letizia Moratti sostenuta dal Terzo Polo. Nel Lazio Pd e Terzo Polo hanno appoggiato l'assessore uscente D'Amato, mentre i Cinquestelle hanno scelto di camminare da soli con la giornalista Bianchi. Risultato? Una divisione che amplifica la distanza con il centrodestra e che rende ancora più divise le opposizioni al loro interno. Capitolo a parte merita il Pd che ha sì retto a livello numerico e di percentuali, ma che ora dovrà districarsi in un congresso che incoronerà Bonaccini segretario. Un congresso che, con ogni probabilità, non spegnerà quella sorta di suddivisione correntizia ormai amplificatasi con le presenze di Schlein, De Micheli e Cuperlo. I Cinquestelle a livello locale hanno storicamente sofferto, ma ora spetta a Giuseppe Conte ricreare le condizioni per poter, nei sondaggi e nei consensi reali, rimettere la freccia e sorpassare il Pd come primo partito dell'opposizione. Altro capitolo a parte per Calenda e Renzi: non era facile misurarsi con il consenso elettorale in una tornata elettorale locale come lo sono pur sempre le regionali. Ora si apre la sfida vera: aprire un cantiere di centro liberale e riformista in vista delle Europee del 2024.
Incubo astensione
37,20%, 41,68%. Sono i numeri della partecipazione elettorale nel Lazio e in Lombardia. Numeri da far rabbrividire: praticamente al voto 4 italiani su 10, nel Lazio anche meno. Ancora di meno a Roma dove ha votato appena il 33% dei romani. E' il peggior dato del regionalismo italiano in termini di affluenza. E ora i politologi dovranno in qualche modo trovare delle correlazioni rispetto ad una desertificazione delle urne che disorienta. Un (non) voto di protesta? Un disinteresse reale? E se sì protesta verso il governo nazionale o regionale? Disinteresse verso la politica nazionale o regionale? Domande alle quali la politica (sempre più sorda) farà finta di dare ascolto o voce, prima che tutto, il più velocemente possibile, passi nel dimenticatoio.