Non è forse mai stato così repentino un cambio di passo, così netto e veloce come quello in atto nella narrazione sociale e politica, italiana e non solo. Un cambiamento insieme etico, estetico, ideologico, linguistico e anche iconografico, fissato anche nelle immagini degli ultimi giorni, scanditi dal confronto in Parlamento tra le due leader del Paese, Giorgia Meloni e Elly Schlein, e dal dibattito promosso nell’ambito del congresso nazionale della Cgil a Rimini, con l’alternarsi di voci e idee differenti. La presidente del Consiglio si è recata... di venerdì 17 all’assemblea della Cgil, a ventisette anni di distanza dall’ultimo intervento di un capo di governo: prima di lei Giovanni Spadolini, Bettino Craxi e da ultimo Romano Prodi. Fortissimo l’impatto determinato dalla presenza della premier in un’arena di “segno” diametralmente opposto. Ma, nonostante la contestazione preannunciata, la scelta dei vertici del sindacato più antico d’Italia di invitare comunque Meloni ha offerto un poderoso contributo al superamento di sterili contrapposizioni tout court in nome della necessità – sempre – di confrontarsi. È stata un’operazione di consapevolezza e dialettica certamente ben ponderata dai protagonisti. Per avere un’amica è necessario conoscerla; per avere un’avversaria, lo stesso.
Quel "Pensati sgradita"
Una prova di responsabilità, innegabile da qualunque latitudine intellettualmente onesta la si guardi, da entrambe le parti, sulle note di “Bella Ciao”, storica colonna sonora del “dissenso partigiano”, con i peluche eretti sui banchi, dolenti e innocenti testimoni d’accusa per quanto accaduto – una tragedia immane – sulle coste di Cutro, e anche con slogan inediti, segno di un linguaggio che cambia nella morfologia e nella semantica. «Pensati sgradita», in particolare, ha colpito nella sua funzione sintetica e sincretica, mettendo insieme concetti e canali comunicativi, in un rimando contestuale da tutti decifrato, ma con un significato che ovviamente ne ha completamente stravolto l’originaria formulazione. Come i più ricorderanno, era lo slogan portato sul palco dell’Ariston a Sanremo da Chiara Ferragni che lo dipinse a caratteri cubitali su una stola bianca, rivolgendosi a tutte le donne dolorosamente ingabbiate. Da qualcosa o da qualcuno, o “semplicemente” da se stesse e dalla ricerca ossessiva del consenso altrui. Al congresso della Cgil, sdoganando metodi e linguaggi da influencer, è stata un’altra donna a rilanciare lo slogan, Eliana Como, esponente della Fiom e della linea dura “antiLandini”, che ha detto di aver appreso solo dai giornali della presenza di Meloni, riservandole quindi un’accoglienza “dedicata”, con le parole «Meloni pensati sgradita», richiamate poi nel suo intervento dalla stessa premier («Non sapevo che la Ferragni fosse una metalmeccanica»).
La proposta chiara: "Dialogare"
Probabilmente a nessuno sarebbe venuto in mente di apostrofare un Conte o un Draghi – o un Amato o un Gentiloni o un Ciampi o un Andreotti, solo per citarne alcuni – con un sottilmente scoraggiante «Pensati sgradito», rivolto invece a Giorgia Meloni. Una Meloni – contestata «da quando avevo 16 anni», prima nei comizi in piazza e pure ora, anzi soprattutto ora – che ha attraversato da “underdog” l’arena di leonesse e leoni, e che ha ringraziato tutte e tutti, anche chi l’ha contestata. Al netto del passato, del presente e del futuro, comunque una “scena” di profondo valore. Con una “proposta” chiara: dialogare. Stesso principio che ha ispirato la scelta di Landini, che ha voluto invitare la premier, la stessa da cui ventiquattr’ore dopo ha preso in modo netto le distanze: è comunque giusto il confronto, anche se poi diventa scontro acceso. È stato, quello vissuto a Rimini venerdì scorso, un “momento” di forte “emancipazione”: l’importante – ecco quanto ereditiamo dal congresso della Cgil – è pensarsi liberi, non importa se e quanto sgraditi.