Riparte il confronto sulle pensioni tra governo e sindacati. Ed è una corsa contro il tempo, visto che a fine anno scade la cosiddetta 'Quota 103', quella introdotta dal governo Draghi, e per mancanza di risorse si rischia di tornare alla controversa riforma Fornero dell’allora governo Monti. La strada appare in salita. Al tavolo con il ministro del lavoro Maria Elvira Calderone le organizzazioni sindacali chiedono maggiore flessibilità in uscita, lamentando un’azione tardiva da parte dell’esecutivo. «Il governo ci dica se finalmente intende fare sul serio una riforma strutturale della legge Fornero sulle pensioni. Si sono persi mesi preziosi», l'affondo del segretario confederale della Uil, Domenico Proietti.
Mentre il leader della Cgil, Maurizio Landini, torna ad accusare il governo di «non riconosce al sindacato il ruolo di un soggetto con cui negoziare e trovare una mediazione». «Ha la maggioranza nel Parlamento - afferma - ma non ha la maggioranza nel Paese, e pensa di usare questa maggioranza datagli da un sistema elettorale per cambiare il fisco, la sanità, addirittuta la Costiutuzione». Per questo Landini non esclude che si possa arrivare anche a uno sciopero generale: «Non è che risolve tutti i problemi, ma una situazione di questo genere non è più tollerabile, va cambiata, bisogna ribellarsi». Quello della previdenza è un cantiere che difficilmente si riuscirà a chiudere prima della fine del 2023. Scaduta "Quota 103" (62 anni più 41 di contribuzione), con la legge Fornero si tornerebbe ad andare in pensione con 67 anni e almeno 20 di contributi, oppure con 42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall’età. Punto di mediazione avrebbe potuto essere "Quota 41" (uscita a partire da 62 anni oppure con 41 anni di contrubuti a prescindere dall’età anagrafica). Ma la misura, che era stata presa in considerazione dal governo, è sparita dal Documento di economia e finanza (Def): troppo onerosa, visto che secondo i calcoli dell’Inps costerebbe circa 4 miliardi di euro il primo anno e 75 miliardi di euro in dieci anni. Dunque non facile trovare una via di uscita, tanto che una delle ipotesi potrebbe essere quella della riconferma almeno per un anno di "Quota 103", introdotta dal precedente esecutivo e più sostenibile da un punto di vista delle risorse. Sul tavolo Calderone-sindacati, poi, anhe il destino di "Opzione Donna", grazie alla quale alcune categorie di lavoratrici hanno la facoltà di ritirarsi con 60 anni di età e almeno 35 anni di contributi. Anche questa norma scade alla fine del 2023.
Aumenti a luglio
Intanto a luglio arriveranno gli aumenti delle pensioni minime previsti dalla legge di bilancio: chi ha un assegno inferiore a 563,74 euro - chiarisce l’Inps - con la mensilità di luglio beneficerà di un incremento dell’1,5% se ha meno di 75 anni e del 6,4% se ha più di 75 anni. In pratica, si riceveranno fino a 8,46 euro in più al mese nel primo caso e fino a 36,08 euro in più nel secondo. Con la mensilità di luglio si riceveranno anche gli arretrati per i mesi precedenti del 2023. Intanto, secondo un’indagine del Centro studi di Unimpresa, nei prossimi quattro anni la spesa per le pensioni è destinata a crescere di quasi 65 miliardi di euro, in aumento del 22% rispetto al 2022. Il costo totale degli assegni si attesterà a 318 miliardi nel 2023, in crescita di 21 miliardi (+7%) sullo scorso anno. Il saldo - si osserva - salirà quindi nei tre anni successivi, rispettivamente di 22 miliardi, 10 miliardi e 11 miliardi, per arrivare a quota 362 miliardi a fine 2026.
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