Il G20 di New Delhi incassa il via libera dei leader alla dichiarazione finale e chiude i battenti con lo scambio di consegne tra il primo ministro indiano, Narendra Modi e il presidente brasiliano, Ignacio Lula, che guiderà il gruppo dei "Grandi" a partire dal prossimo 1 dicembre. Il testo conclusivo, frutto di un lunghissimo negoziato soprattutto sul tema della guerra in Ucraina, passa all’unanimità e, salvo Kiev, accontenta tutti. Compreso l’Italia. Il governo «ha lavorato per una dichiarazione che avesse un riferimento preciso e specifico all’Ucraina, era questo il risultato più complesso e non era un risultato scontato. E’ stata una soluzione di compromesso ma molto importante», dice Giorgia Meloni, incontrando i giornalisti alla fine del summit.
Al di là dello scontato via libera al testo, sono le frizioni tra Roma e Bruxelles sul dossier Ita-Lufthansa a dominare la giornata conclusiva della premier al vertice indiano. «Sta accadendo qualcosa di curioso - dice Meloni rispondendo alle domande dei cronisti - la Commissione europea che ci ha chiesto per anni di trovare una soluzione, quando la troviamo la blocca. Su questo vorremmo una risposta e la questione è stata sottoposta al commissario Gentiloni dal ministro Giorgetti». Secca la replica della Ue: «Non abbiamo ancora ricevuto la notifica sull'accordo tra Ita e Lufthansa e a parte questo non c'è molto da dire», risponde un portavoce della Commissione interpellato sui ritardi denunciati dal governo per il via libera alla fusione tra le due compagnie aeree. In mattinata il tema era stato oggetto di discussione nell’incontro tra lo stesso Giorgetti e il ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner. Il dossier Ita Lufthansa «ancora non ha ricevuto il via libera della concorrenza europea, atto necessario per concretizzare l’accordo già firmato da alcuni mesi», era stata la sollecitazione di Giorgetti.
Le nomine ai vertici delle istituzioni europee
La questione Ita-Lufthansa si intreccia con un altro dossier chiave che corre sul filo Roma-Bruxelles, quello delle nomine ai vertici delle istituzioni europee. L’Italia continua a spingere sul nome dell’ex ministro del governo Draghi, Daniele Franco, alla guida della Bei, la Banca europea per gli Investimenti. In corsa per la stessa carica figurano anche due candidate "pesanti" come la vice premier spagnola Nadia Calvino e la ex commissaria danese alla concorrenza e vice presidente della Commissione, Margrethe Vestager. In mattinata lo stesso Giorgetti ha chiesto al suo omologo tedesco l’appoggio di Berlino a sostegno della candidatura dell’ex direttore generale di Bankitalia. «"Abbiamo candidato alla Bei una figura tecnica riconosciuta da tutti, non abbiamo fatto una scelta politica», dice Meloni riferendosi a Franco. «Leggo nel dibattito che potrebbero esserci scelte politiche - aggiunge - ma sarebbe un errore. Se dovessimo sottomettere le massime istituzioni europee a scelte di partito mineremmo queste istituzioni, dobbiamo essere molto prudenti».
In chiave G20 Meloni, che in serata è volata in Qatar per incontrare lo sceicco al-Thani, rivendica il successo di un vertice che «non era facile», si complimenta con il primo ministro indiano Modi per la riuscita del summit e difende il senso della dichiarazione finale, da molti considerata molto più debole rispetto al documento messo a punto a Bali un anno fa: sull'Ucraina «non è stato fatto nessun passo indietro», dice. «Abbiamo lavorato per una dichiarazione che avesse un riferimento specifico all’Ucraina, non era un risultato scontato se si tiene in conto che le ministeriali sono tutte finite senza una dichiarazione finale. E’ una dichiarazione di compromesso ma la considero comunque importante in questo contesto». Nella dichiarazione finale ci sono anche «molti temi che interessano l’Italia, come le questioni migratorie e la necessità di combattere i flussi illegali e favorire l’emigrazione legale».
I rapporti con la Cina
Meloni torna anche sui rapporti con la Cina, dopo la decisione ormai chiara dell’Italia di uscire progressivamente dall’accordo con Pechino sulla Nuova via della Seta. La 'Belt and Road’non è l’unico elemento nelle relazioni tra Roma e Pechino e una uscita dell’Italia dal progetto non «comprometterebbe i rapporti tra i due paesi», dice Meloni rispondendo ai giornalisti sul colloquio con il premier cinese Li Qing avuto in questi giorni al G20. «Nella maggior parte dei casi in politica internazionale il pragmatismo ha la meglio, confido che anche stavolta andrà così», aggiunge. Quanto all’invito dei vertici cinesi a recarsi a Pechino, la premier conferma che la missione si farà, ma «sarà meglio farla quando ci saranno elementi più chiari».
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