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Il mito delle riforme istituzionali, 40 anni di tentativi falliti: dal patto della "crostata", alla riforma che costò il governo a Renzi

Tre Commissioni Bicamerali (Bozzi 1983, De Mita-Iotti 1993, D'Alema 1997 - con il mitico "patto della crostata" che poi portò all'ennesimo nulla di fatto) e varie riforme passate a maggioranza in Parlamento, ma poi bocciate dal voto popolare (quella del governo Berlusconi nel 2005 e quella di Renzi nel 2016). Una lunga stagione di riforme istituzionali iniziata quarant'anni fa, ma che non ha portato ad un cambiamento radicale del sistema politico italiano. Diversi i sistemi elettorali cambiati nel tempo: dall'introduzione del maggioritario (il famoso Mattarellum) nel 1993 che portò alla nascita del bipolarismo con l'introduzione dei collegi uninominali dopo cinquant'anni di proporzionale; fino ad arrivare al Porcellum di Calderoli e ai premi di maggioranza e per ultimo il ritorno ai collegi (ma anche al proporzionale) con il Rosatellum. Un miscuglio di elementi che hanno caratterizzato trent'anni di sistema politico italiano che non hanno però mai portato ad un radicale cambiamento della forma di governo.

L'idea di fondo è dare stabilità ai governi (in Italia ci sono stati 68 governi negli ultimi 75 anni con una media di durata di un anno e mezzo). Per arrivare all'obiettivo, la premier Giorgia Meloni punta forte sul premierato (il modello dell'elezione diretta del presidente del Consiglio che è stata sperimentata solamente in Israele tra gli anni novanta e duemila). Un modello che dovrà essere necessariamente accompagnato da una nuova legge elettorale con un premio di maggioranza assegnato su base nazionale che assicura al partito o alla coalizione di partiti collegati al presidente del Consiglio il 55 per cento dei seggi parlamentari.

I rischi

Dopo 40 anni di tentativi mai andati in porto, si apre una nuova stagione di riforme. Il punto fondamentale, come sottolineato dal costituzionalista Giovanni Guzzetta in un'intervista ad Italia Oggi, sarà quello legato ai consensi che questa riforma, partorita dal governo, riceverà in Parlamento. "Se le forze politiche di maggioranza non raggiungeranno un accordo con le opposizioni che consenta di approvare la riforma con il consenso dei due terzi del Parlamento nella seconda votazione, è molto probabile che qualcuno promuoverà il referendum. E lì si tratterà di vedere non solo la qualità della riforma"

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