L’Italia è uscita ufficialmente dalla Via della Seta con una nota consegnata a Pechino nei giorni scorsi. La notizia, anticipata dal Corriere della Sera, viene confermata all’ANSA da fonti informate. La mossa è stata preceduta da una missione in Cina del segretario generale della Farnesina Riccardo Guariglia in estate e a seguire dalla visita del ministro degli Esteri Antonio Tajani: incontri in cui è stata confermata l’intenzione di coltivare il partenariato strategico tra i due Paesi e in cui sono stati avviati fra gli altri i passi preparatori per la visita del capo dello Stato Sergio Mattarella l’anno prossimo in Cina.
La cosiddetta Belt ad Road Initiative, lanciata da Xi Jinping nel 2013, è uno dei cardini del piano del Dragone per rafforzare la propria economia attraverso una rete di infrastrutture fra tre continenti che favorisca gli scambi. Il memorandum con l’Italia - unico Paese del G7 ad aderire - era stato firmato dal primo governo Conte nel 2019. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni doveva decidere se rinnovarlo o meno entro la fine del 2023. - "No comment": è la risposta di Palazzo Chigi interpellato a proposito dell’ufficializzazione da parte del ministero degli Esteri della volontà italiana di di non estendere la durata del memorandum sulla nuova via della Seta oltre la scadenza del periodo di validità (22 marzo 2024). La comunicazione è stata inviata dalla Farnesina nei giorni scorsi all’ambasciata della Repubblica popolare cinese. Resta ferma, si chiarisce nella missiva, la volontà «sviluppare e rafforzare la collaborazione bilaterale» tra i due Paesi.
«Abbiamo appreso che il governo italiano, in gran segreto è senza nessun dibattito parlamentare, ha portato a compimento la sua intenzione di uscire dalla Via della Seta, stracciando il memorandum sottoscritto quattro anni fa con la Cina. E’ una follia il cui conto sarà pagato dalle piccole e medie imprese italiane, che non avranno più nessuna copertura politica per la loro attività con la Cina e verso la Cina». A sottolinearlo in una nota è Gianni Alemanno, segretario del Movimento Indipendenza. «Soprattutto - aggiunge - non si capisce il vantaggio per l'Italia di questa scelta: il memorandum della Belt and Road Initiative (BRI) non era impegnativo su nessun punto, ma apriva progetti molto promettenti per il nostro commercio internazionale, per la nostra logistica e i nostri investimenti in Africa. E’ un regalo che facciamo alle grandi multinazionali, che non hanno certo bisogno della Via della Seta per far crescere i loro commerci internazionali ed è l’ennesima chiusura all’interno dei confini dell’Occidente che il Governo italiano sta facendo, rifiutando di sviluppare i rapporti con la grande realtà dei BRICS che rappresenta tre quarti del pianeta».
«Abbiamo appreso che il governo italiano, in gran segreto è senza nessun dibattito parlamentare, ha portato a compimento la sua intenzione di uscire dalla Via della Seta, stracciando il memorandum sottoscritto quattro anni fa con la Cina. E’ una follia il cui conto sarà pagato dalle piccole e medie imprese italiane, che non avranno più nessuna copertura politica per la loro attività con la Cina e verso la Cina». A sottolinearlo in una nota è Gianni Alemanno, segretario del Movimento Indipendenza. «Soprattutto - aggiunge - non si capisce il vantaggio per l'Italia di questa scelta: il memorandum della Belt and Road Initiative (BRI) non era impegnativo su nessun punto, ma apriva progetti molto promettenti per il nostro commercio internazionale, per la nostra logistica e i nostri investimenti in Africa. E’ un regalo che facciamo alle grandi multinazionali, che non hanno certo bisogno della Via della Seta per far crescere i loro commerci internazionali ed è l’ennesima chiusura all’interno dei confini dell’Occidente che il Governo italiano sta facendo, rifiutando di sviluppare i rapporti con la grande realtà dei BRICS che rappresenta tre quarti del pianeta».
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