Alla fine è arrivato il via libera del Senato al ddl Nordio. E’ solo il primo step: la riforma della giustizia ora dovrà affrontare il passaggio a Montecitorio e se non ci saranno intoppi sarà approvato definitivamente.
Dopo sei mesi di scontri, discussioni, ostruzionismo, il benestare di palazzo Madama vede la maggioranza sostenuta da Italia viva e Azione su fronte del sì (104) e le opposizioni su quello del no (56). Avs, Pd e M5s accusano il provvedimento di compiacere «una cultura autoritaria e illiberale che tutela solo chi il potere lo ha già». Contemporaneamente Palazzo Madama ha dato il via libera all’articolo 4 della legge di delegazione europea che contiene la norma Costa che limita la pubblicazione degli atti giudiziari, quella che le opposizioni hanno ribattezzato «legge bavaglio». Pd, M5s e Avs avevano presentato emendamenti soppressivi poi bocciati dall’Aula. Il voto su ddl Nordio, contrariamente a quanto stabilito, è stato palese. Se ne lamenta l’azzurro Maurizio Gasparri. «Non vi fa onore» incalza: «avrebbe tutelato quei colleghi dell’opposizione che col voto segreto hanno votato con noi una riforma di libertà. Li ringrazio», facendo riferimento alle 17 votazioni segrete sugli emendamenti concordate con il M5s. Il ddl Nordio, approvato in Consiglio dei ministri lo scorso 15 giugno, ha iniziato il suo esame in commissione Giustizia al Senato il 2 agosto dove ha visto quasi due mesi di audizioni (settembre e ottobre) e almeno uno (gennaio) per i voti degli emendamenti. La discussione in Aula è stata avviata il 6 febbraio con la relazione della relatrice Giulia Bongiorno (Lega). Il testo che arriva alla Camera porta profonde novità: scompare l’abuso d’ufficio e si riduce la portata del traffico di influenze illecite limitato a condotte particolarmente gravi; si ampliano i divieti per i giornalisti in materia di intercettazioni; si punta a una maggiore tutela della privacy e viene introdotto il divieto di ascolto dei colloqui tra indagato o imputato e il suo difensore. Inoltre il pubblico ministero non potrà più impugnare le sentenze di assoluzione (a meno che non si tratti di reati particolarmente gravi), sulla richiesta di custodia cautelare in carcere si dovrà pronunciare un giudice collegiale e prima della decisione l’indagato dovrà essere interrogato dal giudice, pena la nullità della misura. Infine un ordine del giorno impegna il governo ad aprire un Tavolo di lavoro per modificare la legge Severino per un riordino dei reati contro la pubblica amministrazione. Soddisfatto il ministro della Giustizia Carlo Nordio che al termine della votazione tiene a sottolineare «la presunzione di innocenza per noi è un sintomo di civiltà. E questo finché io sarò ministro è un principio non negoziabile». «Il garantismo - aggiunge - è la certezza della pena ma anche l’enfatizzazione della presunzione di innocenza. Il provvedimento di oggi va in questa seconda direzione». «E' solo il primo passo» dicono gli azzurri, che parlano di "nuove sfide». Su tutte, afferma Licia Ronzulli, «la separazione delle carriere che Forza Italia vuole realizzare». Anche per FdI la riforma «disegna l’Italia del Futuro» e il senatore Sergio Rastrelli parla di paradosso Pd «giunto a congiungersi carnalmente con il Movimento 5 Stelle in un rapporto incestuoso e contro natura». Dalla maggioranza si leva anche la voce del sottosegretario Andrea Ostellari della Lega: «è la conferma che la stagione delle riforme è iniziata e proseguirà nei mesi a venire». Ivan Scalfarotto spiega che il sostegno di Iv si deve alla «visione garantista della Giustizia» e aggiunge: «spiace vedere il Pd ripudiare il garantismo». Sulla stessa linea Maria Stella Gemini di Azione che ne loda «l'approccio liberale», pur ammettendo «non è né una riforma epocale, né tantomeno il male assoluto». Dai 5s Roberto Scarpinato attacca «un impianto antidemocratico, anti egualitario e classista», mentre Ilaria Cucchi di Avs parla di «un insulto alla democrazia». Per la dem Anna Rossomando «afferma una cultura illiberale che lascia i cittadini senza protezione». (ANSA).
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